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La richiesta formulata al Cnel dalla presidente del Consiglio, per come avvenuta, "si è configurata come il tentativo politico di attribuire al Consiglio la responsabilità di una scelta che compete al governo e, così facendo, nella sostanza se non nella forma, gli si attribuisce una funzione impropria”. Così la Cgil nazionale al termine dell’Assemblea del Cnel che ha approvato il documento finale sul lavoro povero e salario minimo.
“Non è procedendo a colpi di maggioranza che se ne valorizza la funzione. Chiunque abbia questa idea - prosegue la Confederazione - fa un cattivo servizio all’istituzione. E appaiono perciò fuori luogo i ringraziamenti a chi, come il oresidente del Consiglio, ha operato questa forzatura che non fa altro che scaricare le proprie responsabilità politiche su altri”.
“Il documento - ricorda la Cgil - è stato approvato a maggioranza da 39 consiglieri su 64. Ma in quella sede i voti si contano e si pesano, non a caso sulla sua attuale composizione pendono ricorsi contro le scelte relative alla composizione dell’Assemblea, compiute per penalizzare la reale rappresentanza delle parti sociali”.
Secondo il sindacato di corso d’Italia: “Nel merito, il documento approvato è orientato a considerare un intervento normativo come potenzialmente dannoso per la contrattazione, valutazione contraddetta anche dalle Istituzioni internazionali. Riteniamo sbagliata la valutazione che viene fatta del presunto impatto sul sistema economico e produttivo dell'introduzione del salario minimo: non si può far passare l’idea che solo aumentando la produttività possono crescere i salari”.
“Abbiamo invece apprezzato il lavoro fatto sugli emendamenti, in particolare - spiega la Confederazione - quello realizzato da cinque esperti indicati dalla Presidenza della Repubblica, perché nei loro interventi hanno reso evidente che la contrattazione può non essere vista in alternativa all'introduzione di un salario minimo legale o a qualunque intervento di tipo legislativo in materia. La via tradizionale si può coniugare con un’innovazione, soprattutto alla luce di una riflessione che dobbiamo fare sulla capacità della contrattazione di rispondere alle emergenze salariali di questa fase storica”.
“La nostra contrarietà non è frutto di alcuna pregiudiziale, ma - prosegue la Cgil - deriva da un’altra idea: riteniamo giusto che si risponda all’emergenza salariale e ai problemi della contrattazione attraverso una legge sulla rappresentanza che consenta il pronunciamento vincolante dei lavoratori, una validazione erga omnes dei contratti stipulati dalle organizzazioni più rappresentative e contempli anche - conclude la Confederazione - la definizione di una soglia minima oraria di salario al di sotto della quale neanche la contrattazione possa andare”.