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Sciopero di otto ore martedì 3 ottobre in tutti gli stabilimenti del gruppo Marelli. La decisione è stata annunciata da Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr in risposta alla “mancata disponibilità al dialogo da parte del management dell’azienda”. In occasione dell’incontro previsto a Roma, presso il ministero delle Imprese si terrà anche un presidio (appuntamento alle ore 13).
“È inaccettabile la scelta di Marelli di non aderire alle richieste del sindacato e delle istituzioni a ritirare la procedura di chiusura dello stabilimento di Crevalcore (Bologna)”, denunciano i sindacati: “La decisione di cessare l'attività è stata presa unilateralmente con un approccio che mette in discussione anche le normali relazioni industriali, fondamentali per gestire la complicata fase di transizione che il gruppo, e più in generale il settore, deve affrontare”.
Il 19 settembre scorso l’azienda di automotive (produzione di componenti per motori endotermici), di proprietà dal 2019 del fondo statunitense Kkr, aveva comunicato ai sindacati la chiusura dello stabilimento, con il trasferimento del “reparto plastica” nell’impianto di Bari e l’esternalizzazione del “reparto alluminio”, con il conseguente licenziamento dei suoi 229 dipendenti. Una decisione fortemente avversata dai sindacati, che hanno subito avviato la mobilitazione, con un primo sciopero nazionale che si è tenuto il 22 settembre.
“Marelli è un’azienda strategica, la chiusura di un sito ha bisogno della massima attenzione delle istituzioni nell'interesse generale del settore”, riprendono i sindacati: “Al prossimo incontro ministeriale del 3 ottobre, ribadiremo la richiesta a Marelli di ritirare la procedura di chiusura e chiederemo al governo di finalizzare al supporto delle riconversioni industriali le risorse già stanziate per l’automotive”.
Le motivazioni dell’azienda
A provocare la decisione, secondo Marelli (11 stabilimenti e 7.200 addetti in Italia), una serie di problematiche critiche “per la sua sostenibilità, come la contrazione dei volumi legati ai motori a combustione, l’aumento dei costi di materie prime ed energia, solo in parte compensati da possibili adeguamenti di prezzo, e la mancanza di nuove commesse legata alla diminuzione di investimenti dei player di settore nell’endotermico”.
L’effetto di questi elementi “si è tradotto, per lo stabilimento di Crevalcore, in una contrazione del fatturato dal 2017 a oggi pari a oltre il 30% e a una perdita costante in termini di profittabilità”. Secondo Marelli le cose nei prossimi anni non miglioreranno: “I trend di mercato mostrano un ulteriore calo dei volumi per lo stabilimento, con una contrazione addizionale del fatturato del 50% e la conseguente saturazione delle unità produttive non superiore al 30% della capacità già dal 2025”.
Fiom Cgil: no alla chiusura
“L’azienda tolga di mezzo la discussione sulla cessazione dell’attività e ne apra una sulla capacità produttiva e l’occupazione”, ha spiegato il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma, partecipando il 20 settembre al presidio davanti alla fabbrica: “I lavoratori hanno “difeso la produzione di questo stabilimento quando tremavano le case. C’è chi non se ne ricorda e pensa di poter portare via la produzione da qui”. La Fiom si dice “disponibile a contrattare, a partire da due punti fondamentali: la questione industriale e la questione occupazionale”.
Al tavolo per lo scorporo di Marelli da Fca, argomentava De Palma, “ci dissero che sarebbero state garantite le commesse. Questa è un’azienda monocommittente. Le responsabilità sono di Calsonic Kansei, della Kkr, della Marelli. Ma siccome il governo sta discutendo di mettere risorse pubbliche a favore di Stellantis, ricordo che negli altri Paesi europei quando si danno i soldi nostri alle aziende, si garantiscono stabilimenti, occupazione e, nel nostro caso, anche la filiera produttiva”.
Il segretario generale Fiom Cgil aveva così concluso: “L’unica discussione che possiamo fare è per la salvaguardia del sito produttivo. Qui la produzione non si tocca. Questa azienda ha cinquant’anni e ha già vissuto una transizione dal carburatore all’iniezione. Il messaggio dell’azienda è devastante, perché significa che si può chiudere Crevalcore si possono chiudere anche gli altri stabilimenti”.
La polemica
“Riteniamo le affermazioni di Carlo Calenda, contenute in un video pubblicato sui social in riferimento alla vertenza Marelli, gravissime e offensive non solo per la Fiom e la Cgil, ma anche per tutte le lavoratrici e i lavoratori”. A dirlo sono Massimo Bussandri (segretario generale Cgil Emilia Romagna), Samuele Lodi (segretario generale Fiom Cgil Emilia Romagna), Michele Bulgarelli (segretario generale Cgil Bologna) e Simone Selmi (segretario generale Fiom Cgil Bologna).
“In un momento così delicato in cui la vita, il lavoro, l’occupazione sono a rischio, leggere di un esponente politico che al posto di difendere i lavoratori specula per un minuto di celebrità rende poco onorevole il ruolo di deputato della Repubblica”, spiegano: “La Fiom e la Cgil, in questi anni, non hanno mai smesso di battersi per la dignità del lavoro, la difesa dei posti di lavoro e per un vero piano industriale di Marelli in grado di garantire futuro agli stabilimenti italiani e alle lavoratrici e ai lavoratori”.
Bussandri, Lodi, Bulgarelli e Selmi così proseguono: “Accecato dall’odio contro il segretario generale della Cgil, Carlo Calenda dimostra di non sapere nulla e di non essersi nemmeno documentato su quanto i lavoratori e il loro sindacato hanno fatto in questi anni”.
I dirigenti sindacali evidenziano di aver “difeso la fabbrica, gli impianti, i posti di lavoro anche quando le case tremavano per le scosse del terremoto del terribile 2012. Quel giorno c’era Maurizio Landini ai cancelli della Marelli di Crevalcore. Abbiamo lottato tutte le volte che vedevamo commessa un’ingiustizia; abbiamo chiesto garanzie industriali e di commesse al momento della cessione da parte di Fca; abbiamo proposto la realizzazione di un polo nazionale di componentistica per il settore automotive anche con la partecipazione dello Stato; abbiamo contrattato il rientro nel contratto dei metalmeccanici; oggi vogliamo una giusta transizione che non sia pagata da chi lavora”.
Cgil e Fiom Emilia Romagna e Bologna concludono: “L’abbiamo fatto sempre con serietà. L’abbiamo fatto sempre con rispetto. Quel rispetto e quella serietà che Carlo Calenda non riconosce. Pertanto sappia che per noi non è ospite gradito al presidio permanente ai cancelli della Marelli di Crevalcore, perché noi siamo qui per difendere il futuro occupazionale e produttivo e non per un post sui social network”.