"Ho avuto un incubo: arrivare alla fine della vita, guardarmi indietro e pentirmi di aver lavorato troppo". Lo dice Erik Gandini, regista di After Work, che arriva giovedì 15 giugno nelle sale italiane. È un film importante: un documentario-viaggio intorno al mondo sul tema del lavoro, che non si limita alla mera registrazione dei fatti ma propone una riflessione. Cos'è davvero il lavoro? Deve essere il centro della nostra vita? A chi giova? Quanto e come bisogna lavorare, dove stiamo andando, gli umani verranno sostituiti dai robot?
Tanti dubbi, inevitabili in una fase complessa come questa, di passaggio quindi di difficile lettura. Il regista nel 2009 fu autore di Videocracy, doc sulla "videocrazia" instaurata in Italia da Berlusconi, che sarebbe opportuno rivedere oggi, nei giorni del lutto nazionale, giusto per compiere un po' di esercizio critico.
Ora si applica al nodo più spinoso del presente, il lavoro, andando in giro per il globo: c'è la Corea del Sud segnata dalla cultura dell'ultra-lavoro, che porta disperazione e suicidi, col governo che dispone lo spegnimento dei computer negli uffici pubblici per dare uno spiraglio; ci sono gli Stati Uniti, la no vacation nation, in cui le ferie non vengono consumate per la retorica della produzione; ma c'è anche il Kuwait, dove i ministeri assumono per non fare niente e i lavori manuali sono affidati a schiavi.
Poi naturalmente l'Italia. Qui il film segue la vita di un'ereditiera, offrendo il ritratto illuminante di una super ricca ("Ho tanti hobby, non mi annoio mai, non approfondisco nulla") e prova a capire chi sono veramente i Neet. Guardatelo After Work, per farvi domande e non per cercare facili risposte.
Questo podcast è un dialogo con Erik Gandini. Lo pubblichiamo insieme a una clip del film, in esclusiva per Collettiva, che mostra una donna corriera di Amazon alle prese con una giornata di lavoro.