Speravamo che almeno una volta, questa volta, l’esperienza personale facesse premio sulla furia ideologia. Per l’ennesima volta, invece, siamo state e stati smentiti.

Giorgia Meloni più volte, e ci sarebbe da pensare ma è una sua scelta e sebbene non sempre condivisa va rispettata, ha fatto della sua maternità una bandiera. La figlia diverse volte esposta all’obbiettivo dei fotografi, certo il volto mai visibile, per affermare il valore della maternità e il suo – giusto e legittimo – desiderio di occuparsi della piccola e di passare più tempo possibile con lei.

Dimentica però la presidente del Consiglio, che anche su questo è privilegiata, le altre mamme che come lei desiderano passare più tempo possibile con i propri figli quasi, mai possono portarli a lavoro e spesso si producono in difficilissimi giochi di equilibrio per tenere insieme (conciliare è parola assai grande e spesso inadeguata) il lavoro di cura e quello remunerato. E lo Stato di tutto ciò sembra non accorgersi e certo non si occupa.

Veniamo all’oggi. Si legge che il governo sta predisponendo un emendamento al decreto omnibus per far arrivare nella busta di paga di dicembre un bonus di 100 euro dedicato alle famiglie con figli e con redditi bassi. In realtà questa dovrebbe essere l’ultima versione di ciò che originariamente era la detassazione della tredicesima, poi evolutosi in bonus befana e ora chissà.

Meloni è madre sola, fino a circa un anno fa era madre in coppia di fatto, condizione – giustamente aggiungiamo – non nascosta ne in un caso ne nell’altro. Evidentemente, però, la premier – reiteratamente da noi appellata al femminile – ritiene queste condizioni possibili solo per lei visto che discrimina tutte quelle donne che si trovano esattamente nella condizione di crescere figli da sole o in coppia ma non regolarmente coniugate.

Per aver diritto ai 100 euro del bonus Natale, infatti, oltre ad esibire l’Isee si dovrà comunicare il codice fiscale del coniuge e quello dei/del figlio o figlia. Perché questa discriminazione? Dimentica Meloni che sono proprio le donne sole con figli ad essere maggiormente a rischio povertà visto che, se lavorano, i loro salari sono mediamente più bassi di quelli dei colleghi maschi?

Dimentica Meloni che la Costituzione afferma la parità di trattamento per tutti e tutti e non discrimina tra chi è sposato e chi no? Dimentica Meloni che per occuparsi davvero dei più fragili occorre farlo per tutti e tutte? Dimentica Meloni – lei dovrebbe saperlo più di altre e altri – che i figli e le figlie sono tutti uguali a prescindere da chi siano i genitori e in quale contesto familiari vivano?

La verità, anche questa volta, è una sola, anzi due. Da un lato si utilizzano risorse pubbliche per elargire bonus che hanno più il sapore dello strumento per acquisire un po’ di consenso piuttosto che di un intervento mirato a chi fa fatica ad arrivare a fine mese. Intendiamoci 100 euro non sono affatto da buttar via, tanto più quando il proprio reddito è basso, quel che non va è l’idea che con elargizioni una tantum si affronti il problema del lavoro povero e della povertà in aumento.

Dall’altro ancora una volta non si perde l’occasione di affermare che il ruolo femminile sia quello di essere madri, in uno contesto familiare codificato e unico, possibilmente casalinga e occupata a fare e crescere figli per la patria.

Non è per burla che dalle parti di Palazzo Chigi qualcuno abbia pensato di aumentare le tasse ai single, rispolverando la tassa sul celibato di antica – forse noi poi tanto – memoria fascista. Le donne italiane sono tanto tanto altro. E non si adegueranno ad uno stereotipo che la premier vorrebbe per loro ma non per sé.