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Roma – “Nei nostri quartieri, accanto alle nostre case, ci sono famiglie che non hanno più soldi per mangiare”. Inizia così l’appello di Core Quadraro, l’invito alla mobilitazione lanciato a pochi giorni dal lockdown dal circolo Arci Stonehead. “In queste settimane abbiamo ascoltato tante storie diverse – ci racconta il presidente, Andrea Lucania, che ha lanciato l’iniziativa benefica al Quadraro, quartiere del quadrante Sud-Est della Capitale – Giovanna, separata e madre di due bambini, lavorava in un albergo ed è stata licenziata a febbraio. A Lorenzo, precario dell’università da dieci anni, non è stato rinnovato il contratto. Esperanza lavorava a casa di un signore anziano la cui famiglia non è più in grado di assicurare lo stipendio. E così moltissimi altri”.
Le associazioni di quartiere si sono unite per fronteggiare l’emergenza. All’inizio per portare farmaci e spesa, prendersi cura degli animali o fornire supporto psicologico: “Nel giro di pochi giorni abbiamo ricevuto numerose richieste di aiuto, tra cui molte famiglie che non erano riuscite ad accedere ai sussidi. A quel punto, insieme ai nostri volontari, ci siamo attivati con una raccolta di beni di prima necessità che continua ancora adesso”. Intanto il circolo culturale è diventato un magazzino di stoccaggio. Andrea sorride ma non sa se a settembre potrà riprendere i corsi di arabo, inglese, spagnolo e lingua dei segni italiana. Le attività di Stonehead sono un importante punto di socialità del quartiere ma da 2 mesi gli introiti sono pari a zero, il distanziamento complica tutto e intanto le bollette si affastellano. Tanto da spingere l'associazione ad avviare Affitto virale, una nuova raccolta fondi per provare a mantenere viva questa importante realtà.
Qui Bergamo. Condivide le preoccupazioni di Andrea anche Pietro Bailo, presidente della Associazione Maite: “Tutte le realtà territoriali hanno lavorato in maniera congiunta per non vanificare gli sforzi. Abbiamo dedicato anima e corpo a una raccolta fondi comune, mettendo in secondo piano le esigenze dei nostri circoli. Insieme abbiamo messo in campo oltre 1630 interventi. 57 mila euro spesi e 71 mila raccolti, grazie a una rete di 200 volontari e ai contributi di famiglie, artisti, realtà nazionali e internazionali a supporto del progetto. Ma i costi fissi incidono e i pagamenti sono rimasti indietro. Sarà un disastro se le queste realtà scompariranno. Per Arci avere una piccola associazione che fa yoga in un paesino è un patrimonio importante. Determina la capillarità della nostra presenza sul territorio.
In città, l’Associazione Maite ha dato vita a Super – Supporto Unitario Popolare E Resiliente. Un progetto di volontariato il cui obiettivo è dare aiuto pratico al territorio durante questa emergenza senza precedenti. Anche qui la situazione è la stessa: “Ogni giorno famiglie e singoli chiamano per esporre la propria condizione estrema. I Comuni e gli altri enti non sono in grado di coprire la loro emergenza. I casi sono troppi – gli rispondono – e le risorse limitate o terminate”. E la situazione non sembra possa migliorare: la parte di popolazione che rimarrà senza stipendio è ampia, e la ripresa delle attività commerciali non cambierà questa condizione se non in minima parte. Basti pensare che primi studi ipotizzano che il tasso di disoccupazione salirà dal 9,7% attuale, al 17% su scala nazionale”.
Qui Crotone. In Calabria la campagna di aiuti si chiama Spesa sospesa. I cittadini acquistano cibo e generi di prima necessità e li lasciano in spazi appositi che i volontari passano a raccogliere. Insieme all’Arci, Centro servizi per il volontariato e Forum del terzo settore distribuiscono 200 pacchi a settimana. Per Filippo Sestito, componente della presidenza nazionale dell'Arci, nella prima fase il mondo del volontariato si è messo in cammino per dare risposte immediate e concrete. Poi col passare delle settimane, con l’acuirsi della crisi, molte organizzazioni sono andate in affanno perché le spese sono rimaste intatte. “Serve un aiuto immediato – spiega a Collettiva – un credito d'imposta per gli affitti ma anche un aiuto a fondo perduto, come avviene perle aziende profit. Queste realtà si sono spese con mezzi ed economie proprie per rispondere alle richieste della popolazione. Chiediamo attenzione e contributi per far si che queste esperienze di cittadinanza attiva, di partecipazione e socialità non chiudano”.