Nicola Nappo, un ragazzo. Onesto, volenteroso. Fabbro, figlio di contadini. Aveva 23 anni, il 9 luglio 2009, quando fu ammazzato da due killer della camorra. Lo freddarono con sette colpi di pistola su una panchina a Poggiomarino, ventimila anime a un tiro di schioppo da Scafati, nell’agro nocerino sarnese. Ucciso davanti alla sede del Comune.

Un atroce delitto, figlio del più atroce degli equivoci: lo scambiarono per un’altra persona. Era illibato, Nicola, e non ci volle molto perché la giustizia, perfino la giustizia italiana, lo acclarasse. Eppure, ancora oggi, dove Nicola incontrò la morte, né una targa, né una pietra, né un fiore a ricordarlo.

La rinascita

Però, vivaddio, dal 2018, dodici ettari di terreno a Scafati strappati al clan del potentissimo boss Galasso, costituiscono il Fondo Nappo: 120 mila metri quadrati che il Comune di Scafati, sette anni fa, ha assegnato all’associazione temporanea di scopo Terra ViVa, capofila di una rete cittadina che da allora gestisce il fondo agricolo intitolato a Nicola con l’Alpaa, l’Associazione lavoratori produttori agroalimentare ambientale, il sostegno della Flai Cgil e la collaborazione di Libera, l’associazione di Don Luigi Ciotti.

Presidio di legalità

In sette anni, nonostante ripetuti furti, atti di vandalismo e intimidazioni, il Fondo Nappo è diventato un presidio di legalità, lavoro regolare, sostenibilità ambientale, giustizia sociale. Là dove c’erano terre incolte e rifiuti sversati, oggi si producono i famosi pomodori San Marzano dop, ortaggi, frutta, tutto rigorosamente biologico; ci sono gli orti intitolati ai Cento Passi di Peppino Impastato dati in gestione alla cittadinanza; ci sono le cooperative di lavoratori immigrati che qui hanno trovato rifugio, formazione e lavoro.

Ecco, questo esempio di recupero del territorio oggi è raccontato dagli scatti di Davide Torbidi, sindacalista di professione (è stato segretario generale della Flai Cgil di Lodi) e fotografo per passione.

Racconto fotografico

È lui stesso a spiegare come è nato quest’ultimo progetto, nel corso della presentazione che si è tenuta nella sala Di Vittorio della Camera del Lavoro metropolitana di Milano: “L’idea è nata durante la manifestazione di solidarietà che Cgil, Flai e Libera organizzarono a Scafati il 29 aprile 2023 – racconta -, dopo l’ennesimo atto di violenza subito dal Fondo per mano della criminalità. Quel giorno, mentre gridavamo che contro di noi la camorra non l’avrebbe avuta vinta, ho deciso di realizzare un reportage che racconta questo percorso di resilienza, riscatto e lotta per la libertà, che ha trasformato un luogo di paura in un simbolo di speranza e rinascita”.

La vittoria

La rinascita di un territorio, che è solo fisicamente distante dalla ricca Milano, così vicina all’Europa. “Eppure la criminalità è anche qui, ben radicata – afferma Alberto Semeraro, segretario generale Flai Cgil Lombardia –, e non c’è errore più grande di continuare a considerarla una cosa altra da noi”.

Giuseppe Carotenuto, presidente di Terra ViVa e di Alpaa e animatore di questo progetto, racconta emozionato: “Non ci sentiamo eroi, ma oggi possiamo dire di aver vinto, anche se non abbassiamo la guardia, perché fuori di qui abbiamo dimostrato che la criminalità si può sconfiggere. Non è stato facile, all’inizio abbiamo dovuto superare innanzitutto la paura della gente. Abbiamo fatto tanti progressi, e oggi con orgoglio possiamo dire di essere pronti ad assumere il primo lavoratore immigrato, un ragazzo marocchino che si è formato con i nostri tirocini, e con lui saranno sei le persone che si mantengono grazie all’attività del Fondo Nappo”.

La nostra identità

“La Flai è un’organizzazione sindacale che rivendica giustizia sociale, che parte dal lavoro e guarda all’intera società – dichiara il segretario generale Flai Cgil Giovanni Mininni – L’impegno nel Fondo Nappo, come quello con Mediterranea in mare per i migranti e Un ponte per in Palestina, dà un senso a tutti noi che siamo quotidianamente impegnati nel costruire una società più giusta, a partire dal lavoro. Noi abbiamo il dovere di creare questi spazi liberati, in cui far vivere una cultura di legalità, che trasmetta una visione della società diversa, migliore, in cui le istituzioni siano finalmente chiamate alle loro responsabilità”.