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Gli insegnanti e gli studenti della scuola secondaria superiore si avviano a concludere l’anno scolastico lasciandosi alle spalle un lungo periodo, difficile e complesso, della propria esperienza di vita. Da un anno e mezzo hanno dovuto subire lunghi periodi di sospensione della didattica in presenza, i limiti e le difficoltà della Dad, lo stillicidio di aperture e chiusure, le difficoltà del distanziamento e del confinamento. Gli effetti di deprivazione affettiva, relazionale, cognitiva, sono stati riconosciti da tutti, anche da coloro che hanno aperto gli occhi solo di fronte alla crescita, tra i giovani, del disagio psicologico, della depressione, della reazione talvolta violenta contro gli altri e contro sé stessi, insomma dello smarrimento di senso che può condizionare il futuro di una generazione.
I docenti hanno vissuto per intero questo percorso, cercando per quanto possibile di fronteggiare un’emergenza che non ha lasciato scampo. Con generosità e impegno hanno tentato di limitare i danni, di apprendere nuove modalità di comunicazione, di ricucire una relazione didattica e pedagogica, di non interrompere un percorso di insegnamento. È del tutto evidente che malgrado questi sforzi, i risultati in termini di apprendimento da parte degli studenti, risentano in modo significativo di queste circostanze inedite.
E si comprende allora, nel momento in cui appare possibile il ritorno a scuola, una reazione spontanea di volontà di recuperare il tempo strappato, di mostrare un ritorno alla normalità, anche in termini di formalizzazione “sul registro” dell’anno scolastico così duramente attraversato. Ed ecco allora che in molte scuole sono state avviate interrogazioni, prove di verifica, compiti e lezioni, come se tutto fosse “uguale a prima”. Spesso si rischia l’ansia di prestazione dei docenti e ciò non può che determinare l’ansia degli studenti in attesa della valutazione finale.
Siamo certi che i docenti saranno capaci di non cedere a queste dinamiche. Il loro mestiere i docenti lo hanno fatto ogni qualvolta si sono attivati per tenere viva una relazione con i ragazzi, quando hanno inventato o improvvisato nuovi percorsi a distanza, quando si sono dati disponibili per un incontro anche online per discutere, riflettere, lavorare con gli studenti. E lo faranno bene anche adesso, quando, a scuola aperta, ricostruiranno con i ragazzi quel clima di partecipazione, di ritrovata socialità, di rimotivazione a riprendere un’esperienza di senso condivisa, che sono le chiavi anche per riaprire le condizioni dell’apprendimento.
Siamo certi che sapranno trovare la dimensione pedagogica per ragionare insieme anche ai loro alunni sui problemi che la lunga pandemia ha lasciato nel corso dell’anno. La valutazione formativa quest’anno nasce da questo approccio. Sarà una preziosa occasione per rielaborare, raccontare, ritrovare nuove energie dopo un periodo durissimo per tutti. Anche per costruire, con la loro partecipazione e con un loro contributo di autovalutazione, che cosa si può progettare, da qui a settembre prossimo, per recuperare in quegli ambiti in cui la didattica a distanza, più che in altri, ha impedito un lavoro atteso.
La nuova scuola, di cui tutti abbiamo bisogno, deve ripartire da questa ricostruzione della ricchezza di senso che rende unica la scuola come ambiente di apprendimento, che rende unico il ritrovarsi in gruppo per apprendere insieme, senza distinzioni e classifiche, per elaborare quella cultura fatta di conoscenze, abilità, competenze che è il cuore della formazione al civismo e alla democrazia. “Teste ben fatte”, come direbbe Edgar Morin, per consentire ai giovani di comprendere un mondo costituito da relazioni e da processi complessi e non solo di oggetti.
Una cultura che vive perché nasce da curiosità, motivazione, passione che solo gli insegnanti sanno far crescere in un’aula. Non c’è bisogno di riscoprire l’ora di lezione disciplinare, la sacralità della cattedra e del voto che sanziona, la nostalgia per la scuola trasmissiva, un’autonomia intesa come autarchia, per auspicare una scuola nuova. Che deve nascere da un processo partecipato, ripartendo dai princìpi della nostra Costituzione contenuti negli articoli 3, 9, 33 e 34 cosi strettamente legati tra di loro. È necessario che si riapra un vero dibattito pubblico sulla scuola di oggi e di domani ed è bene che anche gli intellettuali di questo Paese prendano la parola per ricostruire un rapporto positivo con la scuola e per contribuire all'apertura di questo necessario dibattito. Guardando però a una scuola davvero nuova, perché anche quella del passato aveva tanti limiti. Insomma bisogna interrogarsi nel vivo della vita sociale di quale cultura, quale scuola abbia bisogno un Paese che voglia guardare a un nuovo inizio.
Noi siamo disponibili e promuoveremo questo confronto per far crescere una consapevolezza diffusa sulle trasformazioni profonde che attendono la nostra scuola partendo dalle nostre proposte. Soprattutto dopo la fase acuta della pandemia e con le cicatrici ancora aperte di tutti i limiti e le contraddizioni già presenti prima di questa fase, si tratta di trasformazioni necessarie per costruire dal basso un nuovo inizio.
Un nuovo inizio che si avvia ora per traguardare il prossimo autunno, garantendo concretamente le condizioni della ripresa della scuola in presenza, assicurando per tempo organici e risorse, affrontando la questione del precariato con necessarie modalità straordinarie, utilizzando le risorse previste dal Piano di ripresa e resilienza, a cui dovrà aggiungersi l'indispensabile investimento dello Stato e realizzando un contratto capace di riconoscere e valorizzare le professionalità, la preziosa funzione sociale e il lavoro del mondo della scuola.
Francesco Sinopoli è il segretario generale della Flc Cgil
Dario Missaglia il presidente di Proteo Fare Sapere