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Una città al buio, senza prospettive. Lontana anni luce, nelle dinamiche e nelle geografie sociali, da quella Torino faro di progresso e fiore all’occhiello del destino industriale e manifatturiero del nostro Paese. Schiacciata sotto il peso di un corpo pesantissimo, quello del suo enorme comparto produttivo, che, dati alla mano, ormai produce per lo più disoccupazione e ammortizzatori sociali. E proprio quel corpo, invece, potrebbe essere la mappa per raggiungere il futuro. La stella cometa da seguire per ripartire. Per arrivare a una prospettiva di crescita che sembra sempre dietro l’angolo, ma a ogni svolta scompare. Lo hanno detto i sindacati. E continuano a dirlo. Con proposte concrete sul destino virtuoso dell’auto e, in scia, di tutti i settori economici. L’hanno capito prima di tutti, senza fare sconti alla realtà di recessione contagiata per giunta dal covid. L’hanno chiamata vertenza Torino, perché nessuno e nessun settore si salverà da solo.
Per questo, a partire dalla fine del 2019, quando le fiaccole dei lavoratori hanno illuminato per la prima volta il cammino in una marcia di protesta e di proposta alle istituzioni, alle associazioni datoriali e agli altri corpi sociali, sono stati tanti gli appuntamenti di mobilitazione che hanno segnato le tappe di questa risposta. La prossima sarà il 12 settembre, come ci spiega in questo video, Enrica Valfré, segretaria generale della Camera del lavoro cittadina.
“Non possiamo permetterci di subire il declino, vogliamo la rinascita di Torino, scrivere l’agenda per il futuro del territorio è una necessità non più rinviabile”, ha sottolineato la leader della Cgil insieme con i segretari generali di Cisl e Uil, Domenico Lo Bianco e Gianni Cortese.
Ripartendo da numeri che segnano uno scenario drammatico: 16mila posti di lavoro cancellati negli ultimi dieci anni. Il lockdown ha comportato, per il Piemonte, richieste di ammortizzatori sociali e di indennità di disoccupazione per circa un milione di lavoratori su un totale di un milione 800 mila occupati. Secondo le previsioni degli industriali, il 30 per cento delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, è a rischio chiusura. Se le stime di aumento del tasso di disoccupazione di 3-4 punti percentuali a livello nazionale si avverassero, l’area metropolitana di Torino pagherebbe un prezzo molto alto: oltre 30mila disoccupati in più. È questa la realtà del capoluogo sabaudo, una città da troppo tempo in cerca d’autore.