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Il 9 novembre un terremoto di magnitudo 5,7 ha fatto tremare la costa marchigiana. È avvenuto in mare, circostanza che ha attutito il fenomeno e forse ha evitato una tragedia che in altri casi, da ultimo nel 2016, ha causato nelle aree del Centro Italia perdite di vite umane e forti danni al territorio e alle popolazioni coinvolte.
La consapevolezza della tragedia evitata ci rassicura ma deve anche farci comprendere come proprio nelle fasi di tregua dovremmo pensare maggiormente alla fragilità e vulnerabilità del nostro territorio, che registra tra 15 mila e 20 mila terremoti l'anno, dei quali spesso ci rendiamo conto a fenomeno avvenuto, quando si supera la soglia di tollerabilità e, oltre a verificare le conseguenze, si pone la necessità di contare i danni. In questa fase si torna inevitabilmente a parlare di prevenzione.
La prevenzione “del giorno dopo” tuttavia è una contraddizioni in termini, che porta con affanno a rincorrere eventi, con procedure d’urgenza, dei quali avremmo dovuto da tempo cercare di prevenire i danni. In quello che viene definito “un problema che non trova soluzione” gli unici termini che ricorrono da decenni sono: emergenza, episodicità, frammentazione.
Emergenze non pianificate, interminabili e costosissime ricostruzioni, cantieri infiniti, gestiti con procedure sempre differenziate. La mancanza di una visione strategica nel fare prevenzione porta sempre a subire le conseguenze di eventi in parte prevedibili, forse non sul piano temporale ma sicuramente a livello locale, dove c’è contezza che un sisma può accadere.
Sul tema delle ricostruzioni e della prevenzione del territorio la Cgil ha lanciato e sostenuto la “Proposta per una legge quadro per la riduzione dell'impatto delle calamità naturali, per la qualità nelle ricostruzioni e per la salvaguardia dei rischi” presentata lo scorso anno. Punto di partenza è il presupposto che è indispensabile regolamentare il tema della previsione e prevenzione in materia di rischi, così come è necessario inquadrare in una cornice unica gli ambiti legati alle ricostruzioni, anche in una prospettiva di riduzione dei divari sociali e spaziali.
Con la consapevolezza sia della necessità di un approccio multidisciplinare che guardi all’intero territorio (mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, prevenzione e messa in sicurezza dai rischi naturali, contenimento del consumo di suolo, rapporto tra prevenzione del rischio e pianificazione a più livelli), che di dover costruire delle matrici di priorità, poiché è evidente l’enorme distanza tra le risorse necessarie e quelle realisticamente disponibili. Partendo, quindi, dalle aree stimate a maggior rischio, simico, di frana, di alluvione, e dalla messa in sicurezza dei luoghi pubblici come ospedali e scuole.
L’iniziativa della Cgil sulle ricostruzioni ha visto una restituzione nella proposta di legge delega approvata nella scorsa legislatura, che tuttavia sembra per ora accantonata. Un’urgenza al contrario inderogabile, vista la necessità di giungere a un quadro normativo uniforme e condiviso che superi un’eccessiva frammentazione istituzionale e decisionale, individui una governance definita, semplifichi e velocizzi le procedure legate alla ricostruzione, garantisca tempestività degli interventi e diritti codificati per i lavoratori, i cittadini e il mondo produttivo negli stati di eccezionalità.
Sul tema della prevenzione il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, prevede alcuni interventi (energie rinnovabili, mobilità sostenibile, interventi per la resilienza, valorizzazione del territorio, riduzione del rischio idrogeologico, riqualificazione del patrimonio edilizio, rigenerazione urbana) condivisibili nei titoli, ma con risorse non adeguate a monitorare e manutenere in modo davvero efficace il territorio dai rischi e, soprattutto, carenti di una visione unitaria.
Nel fondo complementare 1.080 milioni di euro sono destinati a interventi di progettazione urbana, efficienza energetica, mobilità e trasporto sostenibile, “smart cities” e al rilancio dell’economia e dei settori produttivi locali. Quest’ultima linea di intervento, importante per la salvaguardia dei sistemi economici, produttivi e sociali, in assenza della quale assisteremmo a una ricostruzione “senza abitanti”, sembra abbia visto completata la dotazione destinata, circa 700 milioni, in base ai progetti giunti.
È fondamentale che un problema di tale portata diventi una questione nazionale prioritaria, come sostenuto dalla Cgil, da affrontare con lungimiranti azioni ex ante rispetto a lunghe e poco efficaci azioni ex post, con risorse adeguate, una programmazione di lungo periodo, obiettivi e criteri di priorità.
Un progetto di tale portata può creare occupazione in un obiettivo di medio periodo e generare anche processi di riduzione della disuguaglianza e di inclusione sociale, in un'ottica di sviluppo sostenibile del Paese.
Laura Mariani è responsabile delle Politiche per la ricostruzione e la prevenzione antisismica della Cgil