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Le gru si muovono lente nel cielo de L’Aquila. È una selva che riempie il cielo. Lungo la strada, il traffico scorre poco. È l’ora di punta, le macchine sono molte e le strade non abbastanza. L’Auditorium si trova in centro, all’estremità del parco, proprio al di sotto del Castello. È composto da due due blocchi ricoperti da assi di legno colorato che fanno capolino tra i fusti degli alberi. Dentro la sala è gremita, solo posti in piedi. A dieci anni dal terremoto che ha distrutto il centro storico, Cgil Cisl e Uil si sono date appuntamento qui, proprio per parlare di ricostruzione, aree interne e lavoro dignitoso.
L’incontro è stato intitolato “Territori aperti”, il nome di un progetto elaborato dal comune con l’Università dell’Aquila, finanziato dai lavoratori iscritti a Cgil, Cisl e Uil, e presentato proprio oggi (5 aprile) dalla rettrice Paola Invernardi. L’obiettivo è realizzare un archivio di big data sulle conoscenze acquisite in questi anni post-sisma, un sistema informativo integrato e aperto alla condivisione sociale. Una sorta di grande enciclopedia informatica, insomma, per permettere a istituzioni e semplici cittadini di sapere cosa fare in caso di calamità naturale, come quella che ha colpito L’Aquila nel 2009.
E proprio per discutere e confrontarsi su ricostruzione e rilancio delle aree interne la Cgil ha intrapreso un viaggio lungo tre giorni, attraverso quattro regioni, nel cratere che s’è aperto nel Centro Italia. Questa de L’Aquila è una tappa a cui si associano anche Cisl e Uil. Oltre a Maurizio Landini, quindi, ci sono il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo e quello organizzativo della Cisl Giorgio Graziani.
I tre dirigenti sindacali hanno risposto alle domande di alcuni studenti dell’Università, durante una tavola rotonda. Alla prima domanda, quella sulla tutela dei lavoratori coinvolti nella ricostruzione, Maurizio Landini ha replicato ricordando che una delle richieste sempre avanzate dal sindacato è stata l’applicazione del Durc come condizione principale: “Perché è un vincolo che garantisce diritti e legalità”. Così come lo è “l’impegno nella sottoscrizione dei protocolli di legalità con le istituzioni”. Il problema più importante per ricostruire attraverso un lavoro di qualità, però, per il segretario Cgil riguarda “le leggi che vengono fatte e che non vanno sempre in questa direzione”. Così anche per il decreto sblocca-cantieri, col quale rischia di passare “una logica pericolosa”. Su questo fronte “il governo non sta ascoltando molto i sindacati”, e sebbene ci sia “un problema che riguarda l’eccesso di burocrazia”, l’appalto al massimo ribasso “resta una follia totale”. È una logica che tra l’altro “si sta estendendo a tutti settori e va combattuta”, così come bisogna “opporsi alla figura del general contractor”.
Un progetto come ‘Territori aperti’ va invece nella direzione opposta, “perché spinge le istituzioni a coinvolgere la cittadinanza, e ad affrontare il problema delle infiltrazioni criminali determinate dal massimo ribasso”. Per Landini, vanno poi “cancellate le forme di lavoro precario che proprio nel cratere hanno registrato un boom e che spingono spesso dei giovani lavoratori a perdere le esperienze e conoscenze acquisite”. Ragionare su come si ricostruisce un territorio vuol dire, insomma, “pensare anche a come farlo e quindi a come riuscire a investire sul lavoro di qualità”.
“Oggi i dati ci dicono che qui, e in tutta Italia, l’occupazione è superiore a quella precedente al terremoto - ha confermato Carmelo Barabagallo -, il problema è che quegli stessi dati ci dicono anche che il monte salari è di molto inferiore. Questo vuol dire che nel nostro Paese i subappalti e gli appalti al massimo ribasso, così come il lavoro non qualificato, hanno ormai preso definitivamente piede”. “Molte imprese - ha poi spiegato Graziani - in caso di calamità naturale cercano di cogliere l’attimo e sfruttare la situazione. Il vero rischio è un’occupazione che cada nelle grinfie dell’illegalità ,oppure che le tragedie come quella del terremoto spingano le aziende a fare le valigie per spostarsi in luoghi dove ci sono le condizioni per lavorare con meno tutele per il lavoro. Il problema è che il mercato del lavoro e quello degli appalti in Italia, in questo momento, sono in una condizione pessima”.
“Più si precarizza il lavoro, più si aumenta la disuguaglianza - ha continuato Landini -. Perché la ricchezza la produce chi lavora, quindi ridistribuirla vuol dire creare uguaglianza. Se il 5% degli italiani possiede il 50% della ricchezza complessiva, c’è qualcosa che non torna”. Per questo, tra le tante cose da fare, diventa fondamentale “ristabilire, come vuole la Costituzione, la progressività fiscale”. Soprattutto in Italia, dove “la tassazione sul lavoro dipendente è altissima”, bisogna dunque “combattere l’evasione e aumentare la progressività”. In questo modo si creerebbero i fondi “per un piano di investimenti straordinario per il lavoro”.
Gli strumenti per fare tutto ciò, secondo Landini, già ci sono: “I contratti nazionali e la contrattazione”. “Abbiamo troppe forme di lavoro precario e troppi contratti pirata”, quindi c’è da affrontare anche il tema della rappresentanza. “Il lavoro è cambiato, ma il salario minimo su cui si è aperto il dibattito non è una soluzione - ha concluso -. Nei contratti non c’è solo la paga oraria, ma sono certificati anche i diritti. La soluzione è estendere i diritti presenti nei contratti a tutti i lavoratori. È un problema di civiltà e di giustizia sociale. Bisogna rimettere al centro il lavoro e la persona. Per questo l’esperienza che stiamo facendo qui nel cratere è importante: non bisogna solo ricostruire gli edifici, ma una società più giusta e un futuro migliore per le persone”.
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