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Da gennaio ad aprile 2021 sono stati denunciati o scoperti in Italia 135 casi di atti sessuali con minorenni, 885 violenze sessuali “semplici”, 254 violenze sessuali aggravate, 11 violenze sessuali commesse in istituti d’istruzione e formazione, 19 violenze sessuali di gruppo. Una violenza sessuale denunciata ogni 131-132 minuti. Una media quotidiana di 11 tra stupri e abusi non taciuti dalle vittime, più di 300 fascicoli nuovi al mese. Una strage, una guerra.
L’82% della violenza sulle donne avviene all’interno della sfera domestica e - come emerge dalle analisi della rete D.i.Re - ad agire è nel 56% dei casi il partner, nel 21% l’ex-partner, nel 10% un familiare. Le violenze che avvengono nell’ambito domestico sono molteplici: violenze di tipo psicologico per il 79%, fisico per il 61%, economico per il 34%. Un report diffuso dalla polizia di Stato intitolato Questo non è amore, aggiornato al 2019, parla in generale di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti.
Esiste la violenza domestica esercitata soprattutto nell’ambito familiare o nella cerchia di conoscenti attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atti persecutori o stalking, percosse, abusi sessuali, delitti d’onore, uxoricidi passionali o premeditati ed esiste la violenza economica che consiste nel controllo del denaro da parte del partner, nel divieto di intraprendere attività lavorative esterne all’ambiente domestico, al controllo delle proprietà e al divieto a ogni iniziativa autonoma rispetto al patrimonio della donna.
Le donne sono esposte nei luoghi pubblici e sul posto di lavoro a molestie sessuali e abusi, stupri e ricatti. In particolare verso le lesbiche vengono praticati i cosiddetti ‘stupri correttivi’. Altre forme di violenza sono le mutilazioni genitali femminili o altri tipi di mutilazioni, l’uso dell’acido per sfigurare, lo stupro di guerra ed etnico. Una situazione già di per sé grave, resa drammatica dal lockdown e dalla pandemia.
Il 25 novembre ormai di tre anni fa - ma la situazione non sembra purtroppo essere cambiata molto! - l’Istat divulgava una serie di statistiche. Oltre ai consueti dati sulle vittime di femminicidio, l’istituto presentava i risultati dell’indagine “Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale”.
Secondo la rilevazione, quasi 1 persona su 4 (23,9%) ritiene (e quanto ci piacerebbe non dovere più utilizzare questo presente!) che un modo di vestire succinto possa provocare una violenza sessuale. Quasi il 40% pensa che, se una donna lo vuole davvero è in grado di sottrarsi a un rapporto non consensuale. Il 15% crede che se una donna subisce uno stupro quando è ubriaca o drogata sia in parte responsabile. Peggio: per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false; per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì”, per il 6,2% le donne serie non vengono violentate.
Donne non credute, non tutelate, non protette, tradite da chi dovrebbe garantire loro una giustizia non sempre ottenuta, ri-vittimizzate da coloro i quali - e le quali - scelgono di mettere sul banco degli imputati le loro abitudini di vita, le scelte personali, i costumi. “Processo per stupro”, il documentario che aprì il dibattito sulla criminalizzazione delle vittime nei tribunali, è del 1979. Realizzato da sei giovani registe (Loredana Rotondo, Rony Daopulo, Paola De Martis, Annabella Miscuglio, Maria Grazia Belmonti e Anna Carin) fu il primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla Rai.
Il documentario sarà mandato in onda per la prima volta in seconda serata il 26 aprile 1979 e sarà seguito da circa tre milioni di telespettatori; a seguito di richieste di replica, sarà ritrasmesso in prima serata nell’ottobre dello stesso anno e seguito da nove milioni di telespettatori. La parte lesa nel processo filmato era una giovane di 18 anni, Fiorella, vittima di violenza carnale da parte di quattro uomini, tra i quali un conoscente.
“La violenza c’è sempre stata - diceva nella sua arringa l’avvocato Giorgio Zeppieri - E allora, Signor Presidente, che cosa abbiamo voluto? Che cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. Voi portavate la veste, perché avete voluto mettere i pantaloni? Avete cominciato con il dire 'Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito il mio fidanzato mio cugino mio fratello mio nonno mio bisnonno vanno in giro?' Vi siete messe voi in questa situazione. E allora ognuno purtroppo raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza si fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente”.
Era il 1979. È oggi, purtroppo.
“Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti - diceva Franca Rame - È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani”.
Era ieri. Facciamo in modo, tutte e tutti insieme, che non sia oggi, che non sia domani.