Una storia che parte dalla Bergamasca per arrivare alle porte di Milano, nel Ventennio mussoliniano e della Seconda guerra mondiale. Per i tempi era una migrazione. Una famiglia, i Centurelli, antifascista della prima ora: un padre che non poteva lavorare perché non aveva la tessera del fascismo, una madre che picchiava i fascisti che picchiavano il marito e che contribuiva fortemente a sbarcare il lunario e un figlio partigiano ucciso tra il 25 e il 26 aprile del ‘45 durante la ritirata dei nazifascisti, con una sventagliata di mitra.

Ce ne era un altro di figlio (erano in tutto sei), deportato in Germania perché non aderì alla Repubblica di Salò, e poi una giovane sorella staffetta partigiana che usava la sorellina piccola per trasportare bombe attraverso la città e ancora un figlio alle porte dell’adolescenza. 

Una storia di violenze, soprusi e fame, ma soprattutto di lotta, concentrata negli aneddoti raccontati alle nuove generazioni con il sorriso, ma anche con tono quasi epico, perché l’umanità non è mai venuta meno, neanche per un attimo, insieme alla forza di opporsi e di battersi per la democrazia e la libertà.

Leggi anche