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Alle 10.25 del 2 agosto 1980, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo contenuto in una valigia abbandonata viene fatto esplodere causando il crollo dell’ala ovest dell’edificio.
È il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra. Nell’attentato rimangono uccise 85 persone: 33 di loro hanno un’età compresa fra i 18 e i 30 anni, sette fra i 3 e i 14. La più piccola tra le vittime è Angela Fresu, ha tre anni e viene da Montespertoli, sulle colline attorno a Firenze; il più anziano è Antonio Montanari, ha 86 anni e sta aspettando l’autobus sul marciapiedi davanti alla stazione.
“È stato un boato terribile”, dirà un testimone, il vigile urbano Guido Fanti: “Mi sono voltato e ho visto quella parte della stazione saltare in aria. Poi levarsi un fumo scuro, come un fungo, poi non ho visto più niente, la piazza è stata invasa dalla polvere e in mezzo alla polvere c’era la gente che scappava in tutte le direzioni. Gente che scappava, gente che cadeva e tutti urlavano, molti erano feriti. Non so perché, ma ho guardato l’orologio, erano le 10.25 esatte: vede? tutti gli orologi della stazione si sono fermati su quell’ora, l’ora dello scoppio”.
Ma Bologna non si ferma e reagisce con prontezza e orgoglio, trasformandosi in una gigantesca macchina di assistenza per le vittime e per i familiari. Simbolo della commossa partecipazione l’autobus n. 37, pronto soccorso improvvisato poi diventato carro funebre usato per trasportare i morti dalla stazione all’obitorio.
“La sera del 2 agosto - riporta la storica Cinzia Venturoli - si ritrovano in piazza Maggiore circa 30 mila bolognesi e a queste prime azioni, quasi spontanee, si aggiungono poi le convocazioni dei sindacati che indicono unitariamente per lunedì 4 agosto quattro ore di sciopero generale ‘per riunire tutte le forze della democrazia in un patto di solidarietà che sappia rinnovare l’immensa forza che realizzò la Resistenza e la Costituzione’”.
SONO STATI I FASCISTI titola l’Unità il 4 agosto, riportando in dettaglio, “dal Nord al Sud”, numeri e dati delle proteste, ricostruendo le “storie di vita” delle vittime, annunciando che “Berlinguer sarà presente ai funerali”.
Alle ore 17 del 6 agosto i funerali in piazza Maggiore, alla presenza del presidente della Repubblica Sandro Pertini e delle massime autorità dello Stato, dei segretari di partito, di rappresentanze dei comuni e delle regioni. Giungono a Bologna treni speciali, pullman, auto da tutta l’Italia. La delegazione dell’Italsider di Genova espone uno striscione che ricorda Guido Rossa.
“Siamo sempre andati ovunque ve ne fosse stato bisogno. Siamo vecchi, ma a Bologna c’è bisogno anche di noi”, dice un partigiano. “Perché andiamo a Bologna?”, afferma un ragazzo: “Ci vado perché ho tanta rabbia dentro, è importante avercela perché ti serve a non rinchiuderti in un guscio e a non credere che tanto non serve a nulla”.
Non tutti i parenti delle vittime però vogliono il funerale di Stato e sono solo sette le bare presenti nella chiesa di San Petronio. Fuori della chiesa, la gente in piazza inizia già durante la messa a contestare le autorità. Solo Pertini e il sindaco Zangheri ricevono degli applausi.
“Sandro vieni con noi, non stare con gli impostori”, grida qualcuno, ma ci sarà anche chi - come Anna Maria Montani, che alla stazione ha perso la madre - rifiuta di stringergli la mano. “Mica per lui, che è una bravissima persona - dirà - ma semplicemente per quello che rappresenta. Ai politici, agli uomini dello Stato che non cambiano mai, io la mano la stringerò quando avranno fatto di tutto per trovare gli assassini di mia madre”.
Si sono trovati nel posto sbagliato, al momento sbagliato, diceva ormai qualche anno fa Paolo Bolognesi: “Questa frase è stata detta e pensata da molti e ci è stata ripetuta spesso, riguardo ai nostri cari, ma gli 85 morti e i 200 feriti che il 2 agosto 1980 vennero colpiti da un micidiale ordigno collocato nella sala d’aspetto di questa stazione, non erano affatto nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
Prosegue Bolognesi: “Non erano nel posto sbagliato al momento sbagliato Paolo e Viviana, 23 anni, novelli sposi, in attesa del loro primo figlio, che erano in stazione per prenotare per tempo il traghetto per la Sardegna Non era nel posto sbagliato al momento sbagliato John, studente inglese di 22 anni che, dopo un lungo anno di studio, si era regalato un meritato viaggio in Italia con la fidanzata Catherine.
Non era nel posto sbagliato al momento sbagliato Angela, tre anni, che con la mamma Maria, 24 anni, aspettava il treno per poter arrivare finalmente in spiaggia e giocare con sabbia e secchiello. Non era nel posto sbagliato al momento sbagliato Rita, 23 anni, che con le colleghe Katia, Euridia, Nilla, Franca e Mirella lavorava come ogni giorno nell’ufficio amministrativo del ristorante della stazione. Non era nel posto sbagliato al momento sbagliato Sergio, 24 anni, che aspettava nella sala d’aspetto la coincidenza per un treno”.
Paolo Bolognesi così conclude: “In quell’assolato sabato d’agosto, primo giorno di ferie per tanti, nessuna delle 85 vittime e dei 200 feriti era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel posto sbagliato al momento sbagliato erano Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, terroristi fascisti i cui rapporti con la Loggia P2 appaiono ormai innegabili, che collocarono la bomba in stazione, e che già avevano ucciso. (…) Nel posto sbagliato al momento sbagliato erano il generale Musumeci e il colonnello Belmonte, alti funzionari dei servizi segreti che, di concerto con Licio Gelli e Francesco Pazienza, invece di compiere il loro dovere, hanno depistato le indagini per cercare di sviarle dai terroristi fascisti”.