Il disegno di legge sulla sicurezza, recentemente presentato dal governo, solleva profonde perplessità sia sul piano dei contenuti che sulle sue possibili conseguenze sociali e giuridiche. Pur essendo giustificato dall’esecutivo come una risposta necessaria alle crescenti preoccupazioni per l’ordine pubblico, il provvedimento appare più come un’operazione ideologica che rischia di minare i diritti fondamentali e aumentare le tensioni sociali.

Le principali misure

Il ddl introduce una serie di interventi che spaziano dalla stretta sull’immigrazione al potenziamento dei poteri di polizia, fino all’inasprimento delle pene per reati legati alla sicurezza urbana. Tra le misure principali figurano:

  • Restrizioni sull’immigrazione

Limiti più stringenti per i permessi di soggiorno, con la cancellazione della protezione speciale per casi umanitari.

  • Potenziamento dei Daspo urbani

Estensione delle aree dove è possibile allontanare individui considerati pericolosi per la sicurezza pubblica, includendo piazze e zone di aggregazione sociale.

  • Norme anti-accattonaggio

Introduzione di sanzioni più severe per chi pratica l’accattonaggio, associato alla percezione di degrado urbano.

  • Ampliamento della videosorveglianza

Installazione di nuovi dispositivi di controllo nei centri abitati, con una raccolta e gestione dati poco chiara sotto il profilo della privacy.

Criticità del provvedimento

Il ddl ha suscitato critiche da parte di associazioni, sindacati e partiti di opposizione, che ne sottolineano i punti deboli e le implicazioni potenzialmente dannose:

  • Erosione dei diritti fondamentali

L’eliminazione della protezione speciale riduce la capacità del sistema di accogliere persone vulnerabili, in contrasto con gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani. La misura, presentata come un freno all’immigrazione irregolare, potrebbe invece alimentare un aumento del lavoro nero e delle condizioni di sfruttamento.

  • Stigmatizzazione sociale

L’inasprimento delle norme contro l’accattonaggio e l’estensione dei Daspo rischiano di colpire fasce già marginalizzate, aggravando l’esclusione sociale senza affrontare le cause strutturali della povertà. Queste politiche punitive non offrono soluzioni ma accentuano la vulnerabilità delle persone coinvolte.

  • Potenziamento discrezionale della polizia

L’ampliamento dei poteri di allontanamento potrebbe dar luogo ad applicazioni arbitrarie, creando un clima di insicurezza soprattutto per i più deboli e per chi vive in contesti difficili.

Un rischio per la coesione sociale

La logica alla base del disegno di legge sembra rispondere più a un’esigenza di consenso politico che a una reale strategia per migliorare la sicurezza. La criminalizzazione di poveri e migranti non riduce il disagio sociale ma rischia di esasperarlo, trasformando questioni complesse in un problema di ordine pubblico. Chi si oppone (sindacati e forze sociali) sottolinea che più che garantire sicurezza, il ddl rischia di ampliare il divario tra istituzioni e cittadini, aumentando la percezione di esclusione e ingiustizia. Una vera politica di sicurezza dovrebbe affrontare le cause alla radice dei problemi, investendo in inclusione sociale, istruzione e lavoro, piuttosto che limitarsi a misure repressive.