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La sanità vive un momento cruciale. La Corte dei Conti denuncia giustamente una crisi di sistema. Basta guardare alcuni dati: le insostenibili liste d’attesa; oltre tre milioni di persone rinunciano alle cure per ragioni economiche; la spesa privata su privato ha ormai raggiunto i 40 miliardi; sul personale siamo oltre l’emergenza e cresce la fuga verso il privato; si aggravano le distanze fra Nord e Sud, ma anche tra le città e le aree periferiche.
Le parole e gli impegni durante l’emergenza Covid si sono rivelati lacrime di coccodrillo. Il fondo sanitario nel periodo 2023-2026 passa dal 6,6 al 6,1 per cento di Pil. A parità di potere d’acquisto la spesa pubblica italiana pro capite è meno della metà di quella tedesca e poco superiore al 50 per cento di quella francese, inferiore sensibilmente a quella spagnola e si attesta in fondo ai Paesi Ocse.
I tagli e i gravi ritardi stanno di fatto annullando le speranze nel Pnrr. Nell’ultimo triennio i prezzi hanno registrato un incremento cumulato del 13,9 per cento, nello stesso periodo il fondo sanitario nazionale è cresciuto dell’11,4 segnando un decremento in termini reali del 2,2 per cento. Tutto questo senza tenere conto dei bisogni e dei costi crescenti legati ai cambiamenti demografici e alla innovazione tecnologica.
Le recenti affermazioni della presidente del Consiglio sul record di finanziamento nell’anno in corso sono quindi una truffaldina cortina fumogena che nasconde la realtà. La politica sanitaria ed economica adottata da 18 mesi aggravano i problemi del servizio sanitario nazionale negando la realtà e così accelerando con una volontà irresponsabile il processo di privatizzazione che definivamo strisciante e che oggi galoppa.
La motivazione più comune e scontata che viene posta a sostegno del definanziamento della sanità pubblica è che non ci sono i soldi. Affermazione falsa tesa esclusivamente a giustificare e a rendere inevitabile una scelta politica facendola apparire come una condizione di necessità incolpevole, un destino al quale adattarsi, aderendo favorevolmente a seducenti soluzioni alternative: l’universalismo selettivo.
Basterebbe smetterla con i condoni e fare una vera riforma fiscale progressiva come chiede la nostra Costituzione, ma la destra continua con la politica delle mance favorendo un’insostenibile ingiustizia.
Da molti anni Noam Chomsky con un famoso apologo ha reso evidente la strategia per giungere al disfacimento della sanità pubblica, “tecnica standard per la privatizzazione: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente e la consegnerai al capitale privato”.
Insomma dobbiamo contrastare una vera strategia di destrutturazione del Ssn: in sostanza meno servizi e più mercato, meno coesione sociale e più disuguaglianze. Una strategia che abbandona il principio dell’universalismo egualitario per spalancare le porte a quello selettivo sostenendo il processo di privatizzazione con il definanziamento e il dirottamento di risorse pubbliche verso la sanità privata.
È evidente che siamo a un passaggio decisivo. Occorre costruire un movimento di cittadine e cittadini come sta facendo La Via Maestra per sconfiggere queste politiche, rilanciare i valori del Ssn che rappresenta un riferimento fondamentale per contrastare le ingiustizie e le disuguaglianze e assicurare coesione sociale e la qualità stessa della democrazia.
Occorre una riforma organica che, confermando i principi della legge 833, affronti con coraggio e innovazione tutti i nodi che stanno di fronte alla sanità e al welfare: la formazione, la politica del personale, la medicina territoriale, la revisione del prontuario farmaceutico, i farmaci innovativi, la non autosufficienza, per fare solo alcuni esempi.
Vasco Errani, associazione Idee per la Sinistra