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Il 27 gennaio di ogni anno, a partire dal 2000, si ricorda il Giorno della Memoria, della Shoah, dell’Olocausto. Ovvero dello sterminio perpetrato dai regimi nazifascisti nei confronti degli ebrei di tutta Europa, ovunque le armate tedesche, strumento di una scellerata volontà di dominio mondiale, fossero riuscite a penetrare.
Il 27 gennaio del 1945 è stato il giorno in cui l’esercito sovietico ha liberato il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau – oggi in Polonia – il più noto tra i molti campi destinati ad essere il luogo di esecuzione dell’ordine della “soluzione finale” (endloesing).
Pochi sanno però che la famigerata politica razziale del nazismo, volta a perseguire una fantomatica purezza ariana della stirpe tedesca, prevedeva anche la cancellazione di rom e sinti dalla faccia della terra.
In realtà rom e sinti, appartenenti a un popolo antico di origine indiana, giunti in Europa a partire dal 1300, sono forse il popolo che nella sua lunga storia di presenza in Europa, ha subito le più intense, costanti ed efferate persecuzioni.
C’è chi si dato la briga di stilare un registro della legislazione antizigana varata nei diversi Stati della penisola dal 1400 al 1700, da cui si evincono i divieti (dal soggiorno oltre i tre giorni, all’attraversamento del territorio, all’ospitalità agli zingari, allo stesso essere zingaro) con pene che andavano dalla fustigazione, ai tratti di corda, alla galera, alla forca. Difatti appena le persecuzioni sono cessate è iniziato un processo di sedentarizzazione – accelerato da politiche ad hoc avviate nei Paesi del socialismo reale – che ormai riguarda la stragrande maggioranza dei popoli romané.
In tema di persecuzioni e trattamenti inumani spicca il divertimento che alcuni nobili olandesi praticavano con impegno nel 1600: costoro sguinzagliavano rom nei boschi per poi inseguirli a cavallo e sparargli.
L’imperatrice Maria Teresa d’Austria nel 1700 si propose di cancellare la diversità dei rom ordinandone l’assimilazione forzata attraverso la sottrazione dei bambini rom ai genitori e il loro affidamento a famiglie gagè (non rom).
Il culmine delle persecuzioni contro i popoli romanì è stato registrato con la politica di sterminio adottata dal regime nazista. Infatti i rom e sinti sono stati insieme agli ebrei l’oggetto privilegiato della politica razziale praticata in Germania a partire dalle leggi di Norimberga del 1935. In realtà il perseguimento dell’affrancamento dalle contaminazioni razziali per preservare la purezza ariana trovava un ostacolo teorico nel fatto che rom e sinti, proprio perché originari dell’India, erano più ariani di tutti. Allora si escogitò l’escamotage di considerarli sanguemisti e quindi una razza degenerata. La Shoah di rom e sinti è descritta in romanès come porrajmos (divoramento) o samudaripen (massacro, strage).
Quanti rom e sinti sono stati sterminati? Le valutazioni variano perchè spesso le comunità di rom e sinti venivano sterminate sul posto, in mezzo alla strada senza il costoso trasporto al campo di sterminio. Le stime più attendibili ci comunicano una cifra oscillante tra i 200 e i 500.000 ma altri parlano anche di oltre un milione.
A Birkenau – espansione di Auschwitz – era stato allestito lo zigeuner lager dove al contrario delle altre sezioni del campo, in cui uomini e donne erano rigorosamente separati, venivano relegate famiglie intere di rom e sinti: uomini, donne e bambini per cui testimoni come Piero Terracina ci hanno riferito come da quel luogo scaturissero vociare, confusione, musica fino al 2 agosto 1944 quando gli ultimi oltre 3000 internati furono passati per il camino. Oggi il 2 agosto di ogni anno si commemora il porrajmos, lo sterminio di rom e sinti.
Marco Brazzoduro, già docente di Politiche Sociali all’Università La Sapienza di Roma, attualmente è presidente dell'Associazione di Promozione Sociale "Cittadinanza e MInoranze". Da oltre 30 anni si occupa di rom e sinti sia sul piano della ricerca antropologica che su quello dell'advocacy