Davanti al portone del Liceo Tasso di Roma sin dal primo mattino si respira un’atmosfera insolita. I candidati, maturandi-cavie, come si autodefiniscono alcuni, arrivano alla spicciolata, quasi in sordina, in virtù di una prova della durata di un’ora che comprende il rispetto delle regole anti-Covid. C’è chi si fa accompagnare dai genitori, in fibrillazione più dei figli, chi dall’amico del cuore, che frequenta un altro istituto, chi dalla fidanzata, che si presenterà davanti la commissione tra qualche giorno.
Poi ci sono i professori. Si ritrovano presto di fronte l’ingresso, alla spicciolata anche loro, anche loro con qualche tensione in più, forse con qualche dubbio ulteriore. Non sono stati mesi facili, per il corpo docente, e non tutti concordano sulla stessa linea: anche perché in questi mesi individuare una linea, o almeno delle indicazioni ministeriali chiare e precise, si è rivelata impresa piuttosto ardua.
La ministra Azzolina, alla vigilia di questo anomalo primo giorno di maturità, non ha nascosto una comprensibile emozione anche lei. Comprensibile, ma fino a un certo punto, perché il tempo per lasciarsi andare ai sentimenti o alle sperimentazioni del momento appare infatti decisamente terminato, ancor più oggi, nel giorno in cui circa mezzo milione di giovani conclude un percorso che li proietterà direttamente verso un futuro per tante ragioni confuso.
Quello di maturità ci ricorda infatti che ci troviamo pressoché alla vigilia di un altro esame, riguardante l’organizzazione del nuovo anno scolastico, che se a settembre vorrà ripartire con i criteri idonei, per molti addetti ai lavori già manifesta un preoccupante ritardo.
A proposito di lavoro, restano in ballo troppe questioni in merito, in particolare il rafforzamento non soltanto del personale docente, con l’enorme rebus del concorso per i precari, ma del personale Ata, del delicato ruolo rivendicato dall’Associazione nazionale dirigenti scolastici, su cui ci sarebbe molto da discutere, oltre la manutenzione e l’adeguamento delle strutture scolastiche, e una riflessione ampia, ben più ampia, sull’esperienza fornita dalla didattica a distanza, e le possibilità di insegnamento che possono aprirsi in un momento quasi sospeso, per certi versi propizio.
Il punto fermo rimane uno: tornare a scuola, magari già in qualche mattinata di luglio, ogni tanto, giusto per rivedersi un po’ e ricominciare a guardarsi negli occhi. Senza uno schermo di mezzo.