È la presidente di Magistratura democratica, è giudice presso il Tribunale di Roma si occupa di migranti. Con Silvia Albano ragioniamo della riforma costituzionale della magistratura all’attenzione del Parlamento, e più in generale, dei diversi tasselli di un disegno volto a smantellare l’ordine costituzionale e l’equilibrio tra poteri disegnato dalla Costituzione.

SILVIA ALBANO ANM
SILVIA ALBANO ANM
Silvia Albano (IMAGOECONOMICA)

“Sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo stato di diritto”. Lo ha affermato la presidente della Suprema Corte di Cassazione la scorsa settimana dopo gli attacchi di alcuni esponenti di governo ai magistrati delle sezioni unite della Corte di Cassazione a seguito di una sentenza sui risarcimenti per i migranti della nave Diciotti. Ma è necessario ribadire una frase come questa?

Mi pare che in questo momento sia assolutamente necessario visto che continuamente quando vengono adottati provvedimenti sgraditi alla maggioranza di governo, c'è un attacco, non una critica, ma un attacco frontale a una magistratura che impedirebbe al governo di operare. Solo che il compito della magistratura non è soddisfare i desiderata della maggioranza politica di turno, ma è applicare la legge. E anche l'azione di governo deve stare dentro i limiti della legalità. Il governo, anche se è stato eletto, non può fare come vuole, cioè non può violare la legge.

La settimana scorsa vi è stato l’incontro tra la Giunta dell’Anm e il Governo. I magistrati hanno spiegato le ragioni della contrarietà alla riforma della magistratura e consegnato 8 richieste per migliorare la giustizia. Come è andata?

La mancanza di volontà di dialogo è evidente, da un lato il Governo non ha preso nemmeno in considerazione gli otto punti presentati dall’Anm rinviandoli ed eventuali futuri incontri. Mentre invece è stata ribadita l'assoluta indisponibilità ad aprire un confronto reale sulla cosiddetta riforma della giustizia. Vanno avanti senza modificarla in nulla

Ma quella riforma della giustizia sembra mettere in discussione proprio quel principio di divisione dei poteri che richiamava la presidente della Corte di Cassazione.

La riforma della giustizia in apparenza non mette in discussione la divisione dei poteri, nella sostanza indebolisce molto la magistratura e la sua indipendenza. In primo luogo con la creazione di due consigli superiori della magistratura – la separazione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero già esiste – si crea un altro potere dello Stato formato dai pubblici ministeri. Si divide in due la giurisdizione diminuendo di molto l'autorevolezza della componente togata che sarebbe sorteggiata tra tutti i magistrati, quindi non solo non sarebbe rappresentativa della magistratura, ma sicuramente l'eletto sarebbe anche molto meno autorevole proprio perché non eletto, ma sorteggiato. Inoltre, l’altra colonna portante della tutela dell'indipendenza della magistratura, è il procedimento disciplinare, viene messo fuori dal Csm, quindi non più all'interno dell'organo di autogoverno della magistratura e garante della sua indipendenza. Si sa che attraverso l'azione disciplinare si può condizionare anche pesantemente l'operato della magistratura.

Da un lato la chiusura completa rispetto alla riforma, dall’altro gli attacchi nei confronti dei magistrati e delle magistrate. Quali rischi vede per il Paese?

Una premessa, siamo di fronte a un fatto inedito, l'attacco frontale alle Sezioni unite della Corte di Cassazione, che è la massima autorità, quella che ha il compito di fare un'azione nomofilattica di enunciare principi di diritto che devono orientare l'operato di tutti i giudici italiani. Il rischio che vedo è che nel momento in cui si mette in discussione la possibilità per i magistrati di far garantire l’applicazione della legge in modo uguale per tutti, sono davvero i diritti di tutti ad essere in pericolo. La Cassazione ha affermato un principio semplice e applicato da decenni: se si priva una persona della libertà personale senza base legale si commette un illecito che obbliga al risarcimento del danno, anche se chi ha commesso l’illecito è un’autorità pubblica e se il danneggiato è un migrante. I diritti fondamentali appartengono a ogni persona, è il principio personalistico e l’universalismo dei diritti su cui è fondata la nostra Costituzione e le carte sovranazionali, a partire dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. L’indipendenza della magistratura serve proprio a questo a garantire l’uguaglianza davanti alla legge, per poter tutelare i diritti di tutti. Questi sono i principi fondanti della nostra democrazia costituzionale, se si mettono in discussione questi non saranno i migranti a rimetterci, ma sono i diritti di ognuno di noi ad essere in pericolo.

Se guardiamo ad alcuni provvedimenti dal ddl Sicurezza ai decreti Rave, Caivano, Cutro, insomma, siamo già oltre i migranti.

Direi proprio di sì, che siamo molto oltre i migranti. Si usa il diritto penale, l'aggravamento delle sanzioni, l'introduzione di nuovi reati come strumento di propaganda, si risponde col diritto penale a qualsiasi emergenza sociale ma in realtà non è così che si ottengono risultati, lo dimostrano i paesi dove le sanzioni sono molto severe o è in vigore la pena di morte. Con il ddl Sicurezza, su questo sono già pronunciati molti costituzionalisti, si restringono gli spazi di libera manifestazione e di libera espressione del pensiero, diritti costituzionalmente garantiti. La alluvionale produzione legislativa di questi ultimi tempi è tutta coerente con una certa e ben definita ‘visione’ dei rapporti tra privati e autorità pubblica: da una parte, “mano libera” ai poteri delle autorità pubbliche, con riduzione o soppressione di tutte le forme di controllo verso di esse (in questa logica leggo anche l’abrogazione dell’abuso di ufficio), attuata non solo attraverso riforme normative ma anche attraverso forme di vera e propria intimidazione per chi caparbiamente cerca di operare per mantenere la legalità costituzionale, dall’altra, una idea dell’ordine pubblico palesemente in contrasto con quella propria degli Stati democratici, che lo configura quale garanzia dell’ordinato svolgimento delle libertà costituzionali, in favore, invece, di una visione dell’ordine pubblico quale difesa del potere pubblico in sé per sé, rispetto a forme di dissenso, critica o controllo di qualsiasi forma e tipo. Un rapporto tra stato e cittadini di nuovo fondato sulla forza e non sul diritto.

C’è dell’altro?

Si, è in discussione in Parlamento la riforma della Corte dei Conti, di cui per altro si parla troppo poco, quel provvedimento crea sostanzialmente uno scudo nei confronti dei funzionari pubblici e dei pubblici poteri in relazione la possibilità di dover risarcire il danno erariale. Facciamo il caso proprio della sentenza della Cassazione sul caso Diciotti, non è vero che a pagare i risarcimenti saranno i cittadini, ma il funzionario pubblico, in questo caso l’allora ministro dell’Interno Salvini, che con il proprio operato ha creato un danno erariale. Centinaia di milioni di euro ogni anno vengono recuperati in questo modo e che invece, restringendo l'ambito della responsabilità per danno erariale e anche la possibilità per le procure presso la Corte dei Conti di effettuare indagini efficaci, i danni erariali rischieranno in futuro, questi sì, di rimanere sulle spalle dei cittadini.

Tra gli otto punti che l'Associazione Nazionale Magistrati ha portato a Palazzo Chigi ci sono, indicazioni che vanno nella direzione opposta. Penso all’indicazione di depenalizzare una serie di reati minori per dare una risposta all'emergenza carceraria, alla necessità dell'aumento degli organici sia nei ruoli della magistratura sia nei ruoli tecnici.

Sicuramente servirebbe una grande depenalizzazione, siamo il paese che al mondo ha più fattispecie di reato, questo governo negli ultimi 2 anni ne ha aggiunte molte. La risposta penale dovrebbe essere sempre l’extrema ratio. Questo certamente servirebbe a diminuire la popolazione carceraria, ma credo che per affrontare l'emergenza attuale occorra pensare a provvedimenti come l'amnistia o l'indulto, siamo ormai oltre l’emergenza.

Siamo davvero così in sofferenza dal punto di vista degli uomini e delle donne che esercitano la giustizia nel nostro Paese?

Nel confronto con gli altri paesi europei il numero di magistrati rispetto agli abitanti è davvero molto esiguo. Ma è bene ricordare che in Europa la magistratura italiana è quella che ha il livello di produttività più alto. Nonostante questo ciclicamente si accumula arretrato che in questo momento, grazie anche all'ufficio per il processo, stiamo affrontando. Sarebbe un grande passo avanti se venissero stabilizzati tutti i funzionari attualmente addetti all’ufficio per il processo assunti a tempo determinato grazie a i finanziamenti del Pnrr. Non possiamo tornare indietro rispetto a questo modo di lavorare. Inoltre occorre razionalizzare le piante organiche, vi sono distretti giudiziari in perenne sofferenza mentre in alcuni tribunali l’organico è sufficiente.

Torniamo da dove siamo partite, all’attacco del Governo ai magistrati e alle magistrature italiane. Quale sarà il vostro impegno nei prossimi mesi?

È importante l'apertura all'esterno, abbiamo la necessità di parlare con la società civile, con i cittadini, con le forze politiche e le realtà associative della società civile. Bisogna continuare con la campagna comunicativa, e a seconda di come sarà l'iter parlamentare della riforma valuteremo se ci sarà bisogno di altre giornate come quella del 27 febbraio. Cerchiamo di creare il meno disservizio possibile ma abbiamo bisogno di sensibilizzare l'opinione pubblica sul passaggio veramente cruciale nel quale ci troviamo. La riforma della giustizia è uno dei tasselli di un disegno volto a smantellare l’ordine costituzionale e l’equilibrio tra poteri disegnato dalla Costituzione: penso alla riforma del premierato, al ddl sicurezza, alla riforma della Corte dei Conti, all'autonomia differenziata a cui già la Corte Costituzionale ha dato una importante sforbiciata. Inoltre, se la riforma della giustizia dovesse passare ci sarà da riscrivere l’intero ordinamento giudiziario, e attraverso la legge ordinaria si può ulteriormente indebolire la magistratura e le sue garanzie di indipendenza e autonomia. Dobbiamo tutti essere consapevoli che siamo di fronte ad un passaggio molto cruciale. Il Governo ha manifestato chiaramente quale sia l’obiettivo reale di questa riforma in tutte le occasioni in cui la ha agitata come una clava di fronte ai provvedimenti sgraditi adottati dalla magistratura. Si vorrebbe una magistratura politicizzata, servente alle politiche di governo, ma questo non è il compito che la Costituzione ci ha assegnato.