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Occorre riportare le politiche industriali in mani pubbliche. I delegati della Fiom di Siracusa hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione e richiamare alla mobilitazione tutti i lavoratori e l'intera comunità provinciale, perché ora è il tempo dei fatti. Il conflitto che si sta drammaticamente consumando nel cuore dell’Europa evidenzia la dipendenza energetica del nostro Paese da forniture estere e ripropone il tema della necessità di una politica energetica comune in Europa.
"Il petrolchimico di Siracusa è la rappresentazione plastica della necessità di definire un piano strategico d'interventi strutturali, indicando chiaramente i settori strategici e gli obiettivi, i tempi e le coperture finanziarie da utilizzare per 'politiche industriali' che siano in grado di dotare l’Italia di una vera autonomia energetica e dare al Petrolchimico un futuro sostenibile. Questa “rivoluzione energetica” deve essere però capace di tenere insieme ambiente, lavoro e sicurezza, percorrendo correttamente la strada di una transizione che deve avere una forte connotazione sociale, perché il “cambiamento” si realizza solo coinvolgendo i territori e i lavoratori interessati", affermano i segretari generali della Fiom Sicilia e della Fiom Siracusa, Roberto Mastrosimone e Antonio Recano.
"L'impianto di Priolo ha le caratteristiche e le potenzialità, se abbandona la sua ideologica 'impronta fossile', per utilizzare le nuove opportunità rappresentate dall’idrogeno, e dalle rinnovabili in un mix energetico da utilizzare nel processo produttivo della raffinazione e della chimica come migliore opzione di decarbonizzazione. Occorre, però, riportare il futuro del petrolchimico in mani pubbliche, sostenere investimenti per la riqualificazione delle produzioni, la riconversione delle aree dismesse, la riqualificazione e il potenziamento di Punta Cugno e Marina di Melilli, per realizzare una rete infrastrutturale che connetta e integri un moderno polo energetico, capace di produrre energia rinnovabile a basso costo, con il porto di Augusta aprendo nuove opportunità di collegamento, con i centri della domanda in un contesto funzionale a un’economia di scala capace di generare ulteriore valore", aggiungono i due sindacalisti.
"Sono mesi che lanciamo l’allarme, facciamo appelli al Governo per salvare il petrolchimico, senza ricevere alcuna risposta. Non c’è più tempo, i lavoratori non possono attendere oltre. Sono consapevoli che è arrivato il momento di mobilitarsi per cambiare il paradigma industriale del petrolchimico e proiettarlo verso un nuovo modello energetico ed economico capace di produrre sviluppo sostenibile a favore di tutto il territorio. La migliore risposta al silenzio dell'Esecutivo è assumere la responsabilità di partecipare, il percorso è chiaro, occorre costruire un fronte comune capace d'imporre il cambiamento, vincendo la sfiducia e la rassegnazione e dimostrando che il territorio ha la capacità e la forza di rendere possibile ciò che sembra impossibile, raggiungere l’obiettivo di non perdere un solo posto di lavoro e creare nuovo sviluppo”, concludono i due dirigenti sindacali.