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Allarme Poste anche in Veneto. Come sta accadendo in molti altri territori, anche nella più grande regione del Nord Est del nostro Paese, alla viglia dell’ulteriore privatizzazione di Poste italiane, l’azienda sta chiudendo i propri uffici, nonostante il continuo aumento di profitti.
“Per i piccoli centri e le zone rurali – denunciano la Slc e lo Spi Cgil regionali in una conferenza stampa – si tratta di un disastro annunciato. A partire da dicembre 2024, si avvierà il piano di razionalizzazione: ben 67 uffici postali sul territorio verranno o chiusi o aperti a giorni alterni o aperti solo al mattino anziché effettuare anche il turno pomeridiano”.
Per Nicola Atalmi, segretario generale della Slc Cgil Veneto, “gli utenti, anziani compresi, si ritrovano così costretti a spostarsi percorrendo chilometri e chilometri per trovare un ufficio postale aperto. Si tratta di una strategia sbagliata da parte di Poste italiane che sega il ramo dov’è seduta, perché la sua forza è proprio nella presenza sul territorio, presenza che ora verrà drasticamente ridotta. Se Poste perde uffici è inevitabile che perda anche quote di mercato, minando alla base anche la fidelizzazione dell’utenza. Come Slc Cgil Veneto siamo molto preoccupati per le ripercussioni sia nei confronti di lavoratrici e lavoratori che in quelli delle cittadine e cittadini veneti”.
Nel bellunese solo 2 dei 96 uffici postali sono aperti il pomeriggio
“Questo piano di razionalizzazione – spiega Marco D’Auria della segreteria regionale della Slc Cgil – si aggiunge alle problematiche che denunciamo da mesi e che riguardano le chiusure, a volte anche di 13 mesi, per manutenzioni ordinarie e straordinarie degli uffici. A rimetterci sono i territori più fragili, come quello di Belluno, dove dei 96 uffici postali presenti nella provincia, solo 2 saranno aperti al pomeriggio”.
Nicoletta Biancardi, Spi Veneto: “Per gli over 65, 1 su 4, una vera e propria sciagura”
“La chiusura degli uffici postali – denuncia Nicoletta Biancardi, segretaria generale Spi Cgil Veneto – rappresenta per molti anziani una vera e propria sciagura, un disagio che, per chi abita nelle zone più isolate, può risultare insormontabile. Tenendo conto che circa un pensionato veneto su tre riceve l’assegno previdenziale in posta e preleva al Postamat, la chiusura di una sede, ma anche la riduzione degli orari, costringono a individuare soluzioni spiacevoli: lunghi spostamenti per raggiungere un altro ufficio magari a distanze proibitive, in particolare nei territori più complessi come il bellunese e il rodigino, ma anche il centro storico veneziano. Oppure, per quanto riguarda l’accredito della pensione, l’apertura di un conto corrente bancario, se c’è un istituto di credito vicino”.
“Ricordiamo – ha continuato Nicoletta Biancardi – che in Veneto un quarto della popolazione ha più di 65 anni, con punte del 27% proprio a Belluno e a Rovigo. Molti anziani vivono soli e ciò significa che non possono contare neppure sull’apporto e sull’aiuto di un coniuge o di una coniuge. Per intenderci, nella nostra regione metà degli ultra75enni, la fascia d’età meno tecnologica e quindi più avvezza a usufruire dei servizi postali, è in questa condizione. Le Poste rientrano in quel concetto di servizio di prossimità che rischia di svanire anche di fronte all’avvento della tecnologia, con la quale la maggioranza degli anziani non ha alcuna confidenza. In Veneto, circa il 40% dei titolari di un conto corrente (appartenente a tutte le fasce d’età) non utilizza l’home banking”.
“La chiusura di un ufficio postale, dunque, significa anche la cancellazione di un luogo di socializzazione per una fascia di popolazione, quella più anziana, già tagliata fuori dal gap digitale”.