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La campagna Sbilanciamoci ha presentato ieri, 25 settembre, la “propria” Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NaDef), con le sue analisi critiche e le proposte concrete, elaborate dalle 46 organizzazioni che fanno parte della campagna dal 1999.
Cosa evidenzia la nota? Innanzitutto, che il quadro macro-economico continua a essere problematico e incerto: l’Italia è in stagnazione e non si vedono all’orizzonte segnali di crescita sostanziale. Questo in un quadro internazionale oltremodo incerto per le difficoltà dell’economia europea – e in particolare della Germania, cui la nostra economia è profondamente intrecciata –, per la “guerra dei dazi” tra Stati Uniti e Cina, per il rallentamento dell’economia mondiale.
Anche nell’Unione europea ci si sta rendendo conto – timidamente e troppo lentamente – che le politiche restrittive di questi anni non hanno funzionato: le politiche di austerità hanno impedito il rilancio della crescita, dell’occupazione, della necessaria innovazione del nostro modello di sviluppo. Sempre più necessario appare – una consapevolezza che sembra affacciarsi in molti governi – rivedere e riscrivere i Trattati europei sulla convergenza dei bilanci e rivedere i fondamenti della costruzione dell’Unione monetaria.
Il governo italiano deve essere in prima fila in questa opera di cambiamento, guidando le richieste di revisione dei Trattati fiscali e monetari e intraprendendo con convinzione il varo di una vera politica comune in ambito fiscale, del lavoro, dei diritti sociali. Le richieste minime per un cambio di direzione sono:
1) Scorporare gli investimenti ambientali, sociali, nell’istruzione e nella ricerca dai vincoli del Patto di Stabilità.
2) Rafforzare, almeno raddoppiandolo, il Bilancio comune europeo come strumento di investimenti e politiche attive per la crescita.
3) Varare un Green New Deal europeo da 500 miliardi di euro, che vada oltre la logica del cosiddetto Piano Juncker e che sia guidato dagli obiettivi della decarbonizzazione dell’economia, dalla lotta ai cambiamenti climatici, dall’innovazione.
4) Favorire l’emissione di uno stock iniziale di eurobond per 1.000 miliardi di euro come stimolo alla crescita e agli investimenti.
5) Procedere entro due anni all’armonizzazione fiscale, in particolare per le imprese e le società, per evitare concorrenza sleale tra i Paesi dell’Unione europea.
Chiediamo al governo italiano in carica di portare in Europa queste proposte e di operare una radicale svolta su investimenti, fisco e lavoro.
Gli investimenti sono calati drammaticamente negli ultimi anni. Uno dei motivi delle difficoltà della nostra economia sta proprio qui. Sono diminuiti in particolare gli investimenti pubblici, che potrebbero alimentare la domanda, le opportunità per le nostre imprese e la creazione di nuovi posti di lavoro. È necessario che quasi un punto di Pil aggiuntivo sia riservato agli investimenti da destinare alle piccole opere, alla sistemazione delle scuole, alla lotta al dissesto idrogeologico, al welfare, all’istruzione, alla sanità. Un ruolo importate lo può avere in questo contesto la finanza: una finanza responsabile e sostenibile, capace di abbandonare i comportamenti puramente speculativi, per recuperare un rapporto sano con il territorio, l’economia reale, i soggetti imprenditoriali.
Sul fisco è necessario rivedere le norme sulla flat tax per le partite Iva introdotta nella legge di bilancio 2019 e chiediamo un programma di riforme per la giustizia fiscale: progressività delle aliquote fiscali accentuando il prelievo sui redditi sopra i 70 mila euro lordi, patrimoniale dell’1% sulle ricchezze superiori al milione di euro, web tax e Tobin tax sulle transazioni speculative e, nel contempo, riduzione delle aliquote sui primi due scaglioni di reddito. Questo si deve accompagnare a una dura lotta all’evasione fiscale, limitando l’uso del contante e potenziando il personale dell’Agenzia delle entrate impiegato a questo scopo.
Per il lavoro è sempre valida la richiesta di abolire il Jobs Act e di varare uno nuovo Statuto dei lavori e dei lavoratori che, salvaguardando le tutele conquistate nel 1970, sia in grado di offrire protezione e diritti a tutti quei soggetti oggi senza tutele e possa prevedere una radicale riduzione della gamma dei contratti atipici e precari a 3-4 tipologie contrattuali al massimo. Serve un vero e proprio Piano del lavoro, capace di attivare e programmare risorse pubbliche e private a livello nazionale e locale, soprattutto nel Mezzogiorno, con l’obiettivo di creare le condizioni per una domanda di lavoro nei settori dell’infrastrutturazione sociale e ambientale, dei servizi pubblici, del welfare, delle produzioni e consumi di un modello di sviluppo sostenibile.
La campagna Sbilanciamoci propone una manovra di 44,6 miliardi di euro. Serve un intervento shock, capace di dare un colpo d’ala al Paese, all’economia e alla sostenibilità di produzioni e consumi; 23 miliardi di euro devono essere utilizzati per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, 14,6 miliardi per realizzare un grande piano di investimenti e di spesa pubblica per finanziare un Green New Deal, l’istruzione, la sanità, il welfare, l’accoglienza e l’inclusione dei migranti e la cooperazione, 4 miliardi per la riduzione delle tasse ai primi due scaglioni di reddito, 3 miliardi per le spese indifferibili.
Le risorse per sostenere questi interventi dovrebbero essere composte in questo modo:
• 5 miliardi di euro di risorse non utilizzate per il finanziamento nel 2019 del Reddito di cittadinanza e di Quota 100 (che auspichiamo siano confermati e rafforzati dal governo);
• 12 miliardi di euro di flessibilità dall’Unione europea sul rapporto deficit-Pil (obiettivo leggermente superiore a quello su cui anche il governo sta lavorando);
• 1,9 miliardi di euro dalla riduzione di almeno il 10% dei sussidi ambientalmente dannosi, come previsto nella bozza di decreto legge “Misure urgenti per il contrasto dei cambiamenti climatici e la promozione dell’economia verde”, recentemente proposto dal ministro dell’Ambiente Costa (chiediamo però al governo di uscire dalla genericità di un taglio lineare, individuando in modo specifico le riduzioni da effettuare);
• 15 miliardi di euro dalle riforme in ambito fiscale su progressività, patrimoni, lotta all’evasione;
• 5 miliardi di euro dalla riduzione delle spese militari e la cancellazione del programma di acquisto dei cacciabombardieri F35;
• 1,9 miliardi di euro dal taglio delle grandi opere inutili, a partire dal Tav;
• 3,8 miliardi di euro dalla legalizzazione della cannabis.
Questo quadro di proposte specifiche e concrete si deve accompagnare a un radicale cambio di impostazione delle politiche economiche, mettendo al centro il lavoro, la lotta alle diseguaglianze e l'intervento pubblico e rilanciando e riconvertendo le politiche industriali nella direzione della sostenibilità e di un modello di sviluppo nuovo: bisogna investire in consumi e produzioni nuove, in nuovi comportamenti e stili di vita, nella qualità sociale e ambientale del tessuto economico e produttivo. In questo modo si può uscire dalla crisi in un modo diverso da quello con cui ci si è entrati, dando un futuro all'Italia e all'Europa.
Giulio Marcon è portavoce di Sbilanciamoci