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Il primo cambio di direzione che si impone al Paese, alla luce della pandemia da Covid-19, è quello nel campo degli investimenti nel settore sanitario. L’emergenza ha portato prepotentemente alla luce le falle del sistema e le conseguenze di una deriva che ha le sue origini negli anni ’90 dello scorso secolo, quando, dopo una politica di tagli, l’andamento degli stanziamenti per la sanità pubblica è stato altalenante, fino ad arrivare al 2010 quando ha avuto luogo una nuova battuta d’arresto, senza poi contare l’esito dimostratosi in questi giorni disastroso della regionalizzazione di un servizio che dovrebbe essere omogeneo su tutto il territorio. Un andamento ben evidenziato dalla Campagna Sbilanciamoci, la rete di 49 organizzazioni della società civile che da vent’anni propone, inascoltata, le proprie Controfinanziarie, messe a punto da economisti e tecnici che partono da priorità diverse da quelle alla base delle leggi di bilancio varate dai governi che si sono succeduti. Giulio Marcon, tra i fondatori di Sbilanciamoci, ricorda che la spesa pubblica per la sanità non è solamente uno strumento per rispondere al diritto alla salute, ma è anche un investimento, perché implica un ritorno economico anche in termini di aumento di prodotto interno lordo, soprattutto se si indirizzano i fondi alla prevenzione e alle cure alternative.
La direzione da intraprendere è quella di un potenziamento sostanziale della spesa per la sanità da destinarsi soprattutto agli ambiti in sofferenza: “Il personale è numericamente carente, soprattutto al Sud, ma non solo. Una massa di medici è andata in pensione e ora urge l’assunzione di 30 mila addetti nel settore sociosanitario - afferma Marcon -. La prevenzione è carente, soprattutto se confrontata con altri Paesi, mentre invece permetterebbe di alleggerire l’affollamento ospedaliero, evitare cure importanti, affaticare il servizio sanitario nazionale, come anche i forti tassi di immigrazione sanitarie anche per interventi d ordinaria amministrazione. Altro ambito, clamorosamente scoperto, nel quale è necessario intervenire è quello che vede coinvolti anziani, disabili e non autosufficienti, affinché non debbano ricorre a cure e assistenza private”. Le carenze del sistema si sono già palesate in altre circostanze, come in Lombardia dove l’insufficienza dei reparti di rianimazioni si è già rivelata in passate epidemie annuali di influenza. Da qui anche la necessità che cade nel campo delle politiche industriali di potenziare la produzione interna di strumenti, attrezzature e farmaci che, lo abbiamo visto in questi giorni con la mancanza di mascherine e ventilatori, siamo poi costretti a importare.
Marcon torna poi al tema degli operatori sanitari e alle loro condizioni di lavoro sulle quali pesa la frammentazione contrattuale, così come nella gran parte dei settori produttivi del nostro Paese. “Non funziona avere lavoratori con contratti differenti, magari con uguali mansioni, che vanno dal tempo determinato, all’indeterminato, alle collaborazioni o alle somministrazioni, come accade negli ospedali”. Per mettere mano a una situazione disfunzionale servono risorse nell’ordine di 32/33 miliardi di euro, si sostiene da Sbilanciamoci, operando anche un confronto con i nostri vicini francesi e tedeschi, i quali spendono in media per la sanità pubblica quasi tre punti di Pil in più rispetto all’Italia (6,5% in Italia e 9,3-9,5% in Francia e Germania).
Rimane il problema del reperimento delle risorse e anche in questo caso la Campagna ha proposte di soluzione, come il dirottamento delle spese militari su quelle per la sanità e, insieme, la lotta all’evasione fiscale. “Una imposizione patrimoniale sopra il milione di euro - dice Marcon - lo ha persino ipotizzato una persona non certo appartenente al radicalismo sinistra come Luca di Montezemolo; lo sforzo ora lo deve fare chi in questi anni ha ingiustamente pagato poche tasse o non le ha pagate per niente, così da poter sostenere economicamente scuola e sanità”.