PHOTO
24 agosto 2016, ore 3.36: una scossa di magnitudo 6.0 colpisce il centro Italia. Accumoli, Amatrice, Arquata del Tronto sono solo alcuni dei tanti comuni distrutti dal terremoto in cui persero la vita 299 persone: 237 ad Amatrice, 51 ad Arquata (quasi tutte nella frazione di Pescara del Tronto) e 11 a Accumoli. Gli sfollati furono 41mila.
Il 24 agosto iniziò in realtà una sequenza sismica (Amatrice-Norcia-Visso, come è stata rubricata dall'Ingv) tra le più disastrose del Centro Italia. Quattro terremoti in poco più di cinque mesi che hanno interessato otto mila chilometri quadrati, una vasta area compresa in quattro regioni (Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria) che include 138 comuni.
A otto anni dalla prima scossa di terremoto il lavoro da fare è ancora tanto: per la ricostruzione dei luoghi, del tessuto sociale e delle opportunità che il territorio può offrire.
"Nei Comuni del cratere – spiega in un comunicato ActionAid, attiva fin dai primi giorni post terremoto – è stato pagato il prezzo più alto in termini di vite umane, di distruzione delle infrastrutture sociali, economiche, sanitarie, qui su 16.500 mila abitanti ancora oggi circa metà di queste abitano nelle SAE (Soluzioni Abitative di Emergenza). Una realtà frammentata dove ai vecchi problemi delle aree interne e isolate si sono sommate la disgregazione sociale, l’isolamento, la depressione e i disagi psichici tra giovani e anziani, infine è evidente l’emergenza di nuove forme di povertà”.
Le testimonianze
"Dopo 8 anni poco è cambiato. A parte una quota di ricostruzione da parte dei privati, il grosso del cratere è ancora desolatamente fermo. Solo qualche caparbio sindaco lotta ancora nella speranza di poter riavere il proprio paese ma la sensazione è che il fatto che non sia stato coinvolto un capoluogo di regione come quando fu per L'Aquila, lo spopolamento che già incombeva, le difficoltà connesse al Covid e il difficile reperimento di imprese adatte alla ricostruzione, abbiano redatto una sentenza inappellabile”, afferma Massimo Girolami, segretario organizzativo Spi Cgil Marche.
“All’inizio dopo il terremoto – racconta Claudia Pasqualini, abitante di Giove frazione di Muccia nelle Marche – siamo stati tutti uniti, tutti insieme, poi sono arrivate le casette, le SAE e ognuno si è trovato a vivere in modo diverso, con persone che non conosceva, poi c’è stato il Covid e non si è più usciti, c’è una chiusura e una difficoltà a partecipare, i problemi di ogni famiglia sono troppi da affrontare, tante persone anziane si sono ammalate. Dopo 8 anni, tutto è cambiato, solo a luglio di quest’anno sono iniziati i lavori di ricostruzione della nostra casa, ma i miei figli non vivono più con noi, sono grandi”.
“Sin dalle prime scosse ci siamo attivati per sostenere questi territori – ricorda Patrizia Caruso, responsabile dell’unità resilienza ActionAid Italia – e siamo ancora qui a chiedere alle Istituzioni e al Governo di dare risposte concrete ai problemi che qui continuano a segnare le vite delle persone, il tempo spegne i riflettori ma noi continuiamo a stare al fianco della popolazione colpita e a far sentire la loro voce”.
Il dovere di ricostruire
“Credo che il primo dovere delle Istituzioni sia di fare memoria delle vittime e delle famiglie che hanno perso i loro cari e i loro beni. E chiedere scusa per i ritardi accumulati in troppe false partenze. Un dovere che spetta a chi oggi rappresenta le Istituzioni a prescindere da un cambio di passo che in quest'ultimo anno e mezzo è stato registrato e documentato", dichiara nell’ottavo anniversario il commissario straordinario alla ricostruzione e alla riparazione, Guido Castelli. .
"Quello che ci tocca fare è ancora molto e richiede il perseguimento della sicurezza nella ricostruzione. Un impegno costante che ci induce a lavorare facendo ricorso alle più aggiornate tecnologie e a tecniche di ricostruzione innovative, nella consapevolezza che gli elementi naturali e le caratteristiche dei territori vanno monitorati con costanza e attenzione”, ha proseguito.
E ancora: “Alla ricostruzione materiale dell'Appennino centrale continua ad affiancarsi l'opera di riparazione economica e sociale di queste comunità, ferite e indebolite a causa degli eventi sismici avvenuti tra il 2016 e il 2017. Perché al diritto delle persone di veder ricostituiti i loro borghi si affianca il nostro dovere di creare quelle condizioni di sviluppo sostenibile che consentano di lavorare e vivere in questi luoghi", ha concluso Castelli.
Giovani e donne ai margini
Le fragilità sociali esasperate dal terremoto hanno inciso sulle motivazioni e sulle opportunità dei giovani a partecipare al mondo del lavoro.
Secondo il report NEET tra disuguaglianze e divari di ActionAid-CGIL il Lazio ha la più alta incidenza di NEET con circa il 25,1%, a seguire l’Umbria (20%), le Marche (19,9%) e la Toscana (18,7%).
Rispetto alla quota di NEET donne, la Regione Marche presenta per il Centro Italia quella con i tassi più elevati, arrivando al 58,8%. La motivazione più diffusa è legata a carichi di cura familiari, 26% per il Centro Italia. Nelle Marche, la regione dove il cratere esteso per circa il 40% del territorio, oltre il 65% dei giovani ha contratti precari e le donne hanno uno stipendio inferiore in media di 7 mila euro rispetto agli uomini (dati Ires Marche).
Nel corso degli anni, dal 2016 ad oggi, ActionAid ha realizzato in questi territori numerosi progetti che hanno seguito l’evolversi dei bisogni della popolazione e della situazione locale, attivando: percorsi di supporto e accompagnamento alle associazioni che volevano mobilitarsi per la ricostruzione materiale e sociale, percorsi educativi nelle scuole primarie di primo e secondo grado, servizi di supporto psicologico e psicosociale di comunità, costruzione di spazi civici di aggregazione, sportelli di orientamento al lavoro per le donne, formazione per operatrici dei servizi pubblici sanitari, educativi e assistenziali sui temi della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere.