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Il telefono di Raffaele Falcone squilla mentre con la sua auto si dirige verso Borgo Mezzanone, verso quelle baracche che conosce una a una. Lo fa praticamente ogni giorno perché lui è un sindacalista di strada. Uno di quelli che per dare voce e rappresentanza a lavoratori e lavoratrici li va a cercare sul campo.
Oggi, però, la meta è un’altra: la destinazione, infatti, è la sede della Cgil che è stata vandalizzata nella notte tra il 1 e il 2 novembre con scritte inneggianti al nazifascismo. Prima Falcone è stato a Cerignola a ricordare con i suoi compagni Giuseppe Di Vittorio nell’anniversario della scomparsa: “Noi – ci dice – facciamo esattamente quello che voleva Di Vittorio: proviamo a unire i lavoratori. Ed è questo che dà fastidio”.
Così oggi davanti alla Camera del lavoro sfregiata dalle svastiche un presidio serve a ribadire quello che è un dato oggettivo: “Da qui non ce ne andremo e non ci hanno intimorito, anzi ci hanno dato un’ulteriore prova del fatto che un anno e mezzo fa abbiamo compiuto la scelta giusta. Continueremo a dare assistenza e risposte in quella parte del territorio di Foggia e della provincia”.
E lì i bisogni sono forti: una borgata nata inizialmente con un insediamento di 300, 400 persone, prima il Centro di accoglienza per richiedenti asilo, poi - dopo il Cara -, il ghetto e adesso in mezzo alle lamiere vivono tra i 1.000 e i 1.500 lavoratori africani.
“Borgo Mezzanone – spiega Falcone, sindacalista della Flai Cgil – è stato dimenticato dalle istituzioni. Chi vive qui non riceve alcuna risposta dal punto di vista dei servizi. Per questo si creano problemi sociali enormi. Basti immaginare che c’è una sola linea di autobus che trasporta le persone dalla borgata a Foggia: questo vuol dire che ogni giorno ci si affanna per salire su quell’unico mezzo. Una situazione esasperante che adesso lo è ancora di più in un periodo di grande preoccupazione sanitaria”.
È per tutte queste ragioni che la Cgil ha provato a scommettere sul territorio e ha deciso di presidiarlo: “Molte volte – continua a raccontare Falcone - nei piccoli paesi e in borgate come queste la Cgil diventa l’unico punto di riferimento per i cittadini di quella comunità perché se non ci sono le istituzioni, se manca persino la stazione dei vigili o l’ufficio postale, se lo Stato non esiste nelle sue forme organizzate, la nostra presenza serve a dare risposte a persone che hanno bisogno dei bonus p di controllare la loro posizione previdenziale o, molto più semplicemente, di capire come si compila un bollettino o cosa è scritto su una lettera o un documento”.
Un lavoro tanto essenziale quanto scomodo perché dall’altra parte c’è chi, proprio come i criminali che hanno vandalizzato la Camera del lavoro l’altra notte, specula su questa situazione: “chi non vuole che si risolvano le cose all’interno delle borgate, chi non vuole l’integrazione ma al contrario alimenta l’odio, la differenza, la separazione, la lotta tra poveri”.
Il sindacato qui invece prova a dare risposte a tutti, non fa differenze, che sia italiano o straniero chi si rivolge alla Cgil di Borgo Mezzanone viene ascoltato. “In Italia – commenta Falcone – oggi si è creato un clima assurdo alimentato dalla propaganda leghista e delle destre che contrappone la difesa del lavoro italiano a quella dei lavoratori stranieri. Una cosa totalmente illogica perché se non si difendono i lavoratori tutti a prescindere dalla nazionalità è il lavoro nel suo complesso a venirne provato. Oltretutto la provincia di Foggia è un territorio difficile dove si respira aria di criminalità anche nelle campagne e dove fare sindacato di strada è indispensabile quando complicato perché magari ti ritrovi solo nei campi, negli insediamenti spontanei e anche lì la presenza della criminalità organizzata e della microcriminalità è forte”.
Intanto la Cgil sporgerà denuncia per quanto accaduto e torna a chiedere lo scioglimento delle organizzazioni che si richiamano al fascismo: “Come dicevo – conclude Falcone - Credo che quello che è successo ci faccia capire che abbiamo fatto la cosa giusta, anzi che bisogna stare ancora di più nelle borgate e sul territorio con i lavoratori. Perché se quello che stiamo facendo dà fastidio ai fascisti e agli xenofobi allora vuol dire che stiamo lavorando bene, stiamo provando a creare integrazione all’interno del mondo del lavoro che poi è l’obiettivo vero: unire le forze, la lotta, i lavoratori in modo da comprendere tutti e non escludere nessuno. Soprattutto in agricoltura se non si agisce così continueranno a esserci lavoratori più disperati di altri disponibili a lavorare a un prezzo sempre più basso e in condizioni sempre più misere”.