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Quello della scuola è un popolo che resiste. Ha resistito, negli ultimi mesi dell’anno passato, all’educazione “a distanza”. E nessun bilancio è stato fatto, almeno non reso pubblico, rispetto a quell’esperienza, bilancio che avrebbe potuto essere assai utile per organizzare il nuovo anno.
Certo, come è stato fatto notare da molti, le situazioni sono state assai diverse. Non possiamo nasconderci le difficoltà che in questo momento ancora pesano sulla scuola e su tutte le sue componenti. Insegnanti, studentesse e studenti, famiglie. Perché al disagio e alla paura in generale, che tutte e tutti hanno avvertito e avvertono in questo terribile e inedito momento, si aggiungono la novità e le difficoltà del dover fare i conti ancora con l’insegnamento a distanza, che è in qualche modo un ossimoro. Perché il contatto diretto, dal guardarsi negli occhi alla pacca sulla spalla, è fondamentale per creare quel rapporto pedagogico, fatto di fiducia e di stima reciproca e che aiuta a insegnare e a imparare. Dalla scuola di Atene, in poi.
Certo, le difficoltà sono diverse tra i vari livelli dell’istruzione; una lezione universitaria è altra cosa rispetto a una lezione nella scuola primaria. Dove, più che in ogni altro ordine di scuola, è fondamentale il contatto continuo con maestre e maestri. Eppure la scuola, che è buona davvero, consapevole della sua grande responsabilità si è rimboccata le maniche e ha avviato, già dalla conclusione dell’anno scolastico, in tutti i gradi e livelli scolastici, l’educazione a distanza. E credo che tutte le componenti della vita della scuola abbiano dato, in quelle circostanze, il massimo del loro impegno e della loro professionalità. Poi, certo, non sempre tutto è semplice. E non tutti lavorano e si impegnano, direi ci credono, allo stesso modo.
I cahiers de doléance, in quei mesi, riempivano le pagine dei giornali, e raccontavano che non tutti, studentesse e studenti, possono disporre di un computer tutto per loro, che spesso devono condividerlo con fratelli, sorelle, genitori. Difficoltà che hanno reso più impervio il percorso, bisognoso di continui aggiustamenti, ma alla fine non impossibile. E comunque l’anno si è concluso con i relativi esami finali, che comunque si sono svolti con l’impegno e la dedizione di tutti. Dando, io credo, soddisfazione e riconoscimento a studentesse e studenti e alle loro famiglie.
Quella che è mancata è stata una forte attenzione del governo a affrontare e risolvere i tanti inediti problemi per la scuola e per i tanti che la frequentano, al fine di rendere più facile il percorso di apprendimento e valorizzare il lavoro di docenti e dirigenti. Per fare un solo esempio: perché questo governo non ha pensato, come richiesto da più parti, di stabilizzare i docenti precari (lasciati da tempo nella loro precarietà da questo e dai ministri precedenti)? Perché il ministro non ha posto il problema di maggiori finanziamenti per l’Istruzione? “Se non ora, quando?”. Non dimentichiamo che l’ex ministro Fioramonti si dimise nello sconcerto generale proprio per questo motivo .
Non dimentichiamo poi che l’Italia è, tra i paesi Ocse, quello con il più basso investimento nell’istruzione. E questo, lo sappiamo tutti, non garantisce proprio i più deboli. I”ragazzi che la scuola perde”, “bacchettava” don Milani. Forse questa situazione ci aiuterà a capire e a riflettere, quando si tireranno le fila di questi avvenimenti, che l’accesso equo all’istruzione (che nessun bambino resti indietro) è uno dei valori su cui poggiano o dovrebbero poggiare le società moderne. E i padri e le madri costituenti lo ribadirono nell’articolo 3 della nostra bella Costituzione repubblicana. Perché, e questo lo dovrebbero sapere persino i ministri, ma ripetiamolo, l’Istruzione non è un costo, ma un investimento di tutto il Paese su se stesso e, soprattutto in un momento come questo, una leva per ritornare a crescere.