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Irma Bandiera nasce l’8 aprile 1915 in una benestante famiglia bolognese. Inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e a interessarsi di politica aderendo al Partito Comunista.
Entra quindi nella Resistenza con il nome di battaglia Mimma nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna. La sera del 7 agosto 1944 viene arrestata.
Ferocemente torturata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, per sette giorni e sette notti resisterà senza parlare, preservando così i suoi compagni partigiani. Sarà fucilata, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto.
La testimonianza
“Un giorno - scriveva Renata Viganò - il 7 agosto 1944, le mani di quella gente da galera afferrano il suo corpo, credevano, battendo a sangue la carne tiepida e pura, di spaventarne l’anima. Rimasero sconfitti, con i loro brutti visi arrabbiati. Le stavano sopra, la picchiavano, la torturavano, e lei zitta. Ognuno di loro inventava una cosa nuova per farle del male, se ne gloriavano l’un l’altro del loro talento, ma lei zitta. Quei nomi di compagni, di dirigenti, di responsabili che essi volevano tirare fuori dalla sua bocca, rimanevano lì, sconosciuti, inafferrabili, in mezzo agli urli e ai lamenti. Erano poche sillabe, e avrebbero denunciato tanta gente; i torturatori le promettevano la libertà, la salvezza, in cambio di quelle poche sillabe. Ma la piccola Irma non diceva niente, in mezzo ai suoi lamenti. Si augurava di morire, che facessero presto d’ammazzarla, per smettere di soffrire. Gridava quando il dolore era più grande della sua forza, però non diceva niente. E Tartarotti e gli altri come lui, che prendendola si sentivano sicuri di un grande bottino attraverso le sue parole, ecco, erano sconfitti. Lei moriva, l’avevano ammazzata inutilmente, chiudeva gli occhi con gioia, dopo tanto male, e non aveva detto niente. Si trovavano con questo cadavere di ragazza, non sapevano dove metterlo, un dolce corpo giovane, un bel viso morto. Non sapevano più cosa farsene, adesso; l’avevano ammazzata a furia di torturarla, lei non aveva detto niente. La più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamava Irma Bandiera”.
Il suo assassinio, compiuto anche per scoraggiare pericolosi tentativi di emulazione, finirà per produrre l’effetto contrario.
Irma Bandiera: il simbolo
Irma Bandiera diventerà il simbolo della lotta condotta da migliaia di donne che ne avevano seguito e ne seguiranno l’esempio (alla sua memoria sarà intitolata la Prima Brigata Garibaldi Irma Bandiera, che opererà a partire da quell’estate nel bolognese).
Alla fine della guerra sarà - tra le poche - decorata della Medaglia d’Oro al Valor Militare.
“Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà - recita la motivazione alla Medaglia - si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione”.
La brigata ebbe 94 caduti. Uccisi perché antifascisti (repetita iuvant, speriamo).