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Il carcere non è luogo dove nessun bambino, neanche uno, può stare, può vivere un’infanzia serena. Lì i bambini vedono il cielo attraverso finestre con le sbarre, al raggiungimento dell’età prevista subiscono un brusco allontanamento dalla madre, difficilmente sviluppano un rapporto positivo con le istituzioni.
Il carcere non è luogo dove le madri possano vivere né sviluppare una genitorialità compiuta e serena. E non si può neanche pensare di separare i neonati dalle madri (per quel pensiero per cui alcune donne non rispondono allo stereotipo della buona madre), addirittura rispolverando concetti ormai superati come quello della patria potestà, abolita da 50 anni. Ce lo ricorda la Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’appello della società civile
Per questo oltre 100 esponenti e organizzazioni della società civile hanno lanciato l’appello, raccolto anche da parlamentari dell’opposizione, affinché una norma del disegno di legge sicurezza che peggiora notevolmente le condizioni delle donne detenute con figli a carico, non passi. Appello che è stato rilanciato nell’evento “No al carcere per le donne incinte. Ogni bambino e ogni bambina ha il diritto di nascere in libertà”, che si è tenuto al Senato.
La norma in questione, una volta approvata, renderebbe facoltativo il rinvio della pena per le donne madri di figli fino a un anno di età, e per le donne in stato di gravidanza, consentendo, per la prima volta, l’ingresso in carcere alle donne incinte.
Dare affettività
Nella scorsa legislatura era stata presentata una proposta di legge, primo firmatario l’onorevole Siani, che la Cgil ha sostenuto anche con iniziative pubbliche, per normare e dare effettività alle case famiglia per le madri in carcere con i loro bambini. Si tratta di strutture già previste dal nostro ordinamento, ma che non sono mai state realizzate, tranne una a Roma e una a Milano, perché non sono stati previsti finanziamenti. La proposta è stata poi ritirata per la mole di emendamenti, tutti assolutamente peggiorativi, presentati dalle forze di maggioranza.
Istituti a custodia attenuata
Esistono, per accogliere le madri con i loro bambini, gli Icam, Istituti a custodia attenuata, quattro in tutta Italia, che però, per come sono strutturati e organizzati, sempre carceri restano, seppur più dignitosi e più belli.
Il principio che ci ha sempre guidato, nelle nostre elaborazioni, nelle nostre iniziative, è che il carcere debba essere l'estrema ratio sempre, in ogni caso, e che nessun bambino dovrebbe mai stare in carcere, superando sia gli Icam che le sezioni nido interne al carcere.
Passi indietro
Oggi con il ddl Sicurezza si torna invece indietro persino rispetto al codice Rocco, di epoca fascista, con una norma che rivela una chiara matrice di stampo etnico e razzista.
Abbiamo purtroppo sentito tutti le affermazioni da parte di autorevoli esponenti del governo, secondo i quali finalmente si andranno a colpire le donne Rom “abili borseggiatrici che si fanno mettere incinta solo per continuare la loro attività”. Questo, nonostante i pronunciamenti della Corte Costituzionale e delle convenzioni internazionali, che tutelano sempre il primario interesse del bambino.
Principi universalmente riconosciuti
Ricordiamo l’art. 3 comma 1 della convenzione delle Nazioni unite sui diritti del fanciullo, e l’art. 24 comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In entrambi si dice che l’interesse superiore del bambino deve essere sempre preminente, in ogni atto compiuto da autorità pubbliche, istituzioni private, tribunali, autorità amministrative, organi legislativi.
Ogni bambino e ogni bambina ha diritto a una infanzia serena, a possibilità di crescita e relazioni sane, e, proprio per il senso e il significato che la Costituzione attribuisce alle pene, alle donne deve essere garantita la possibilità di essere madri nel modo migliore. Abbiamo sostenuto il diritto all’affettività delle persone ristrette, e in questo senso si è espressa la Corte Costituzionale a gennaio scorso. Ma anche in questo caso è passato un anno e nulla è stato fatto.
Vivere la gravidanza in carcere
Oggi per la prima volta con la non differibilità obbligatoria della pena, si consentirebbe l’ingresso in carcere anche alle donne incinte, come se vivere la gravidanza in carcere potesse essere un’esperienza serena, come se non sapessimo lo stato in cui versano quei luoghi, lo stato della sanità penitenziaria, con la riforma del 2008 che ancora non è compiutamente applicata. Non è difficile immaginare cosa potrebbe succedere se una donna incinta si dovesse trovare di fronte a un evento di parto improvviso o se avesse problemi durante il parto.
Opporsi strenuamente
È necessario opporsi strenuamente al ddl Sicurezza e a questa norma del disegno di legge. Lo chiediamo alle realtà della società civile, dell’associazionismo, al mondo accademico, a tutti i soggetti che hanno condiviso con la nostra organizzazione “La Via Maestra” in difesa della Costituzione e dei valori che ispirano la nostra Carta fondamentale.
Chiediamo a tutti coloro che non vogliono arrendersi e che credono che una società migliore e più giusta sia possibile di impegnarsi attivamente perché si conosca quanto il governo intende fare con il disegno di legge sicurezza, perché non passi.
Anche per questo saremo in piazza il 29 novembre, per una società migliore e più giusta, dove i diritti di ogni persona, soprattutto di chi è più debole e fragile, siano garantiti.