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Figlia di due operai torinesi impegnati nella lotta al fascismo e perseguitati dalla polizia politica, Nella Marcellino trascorre l’infanzia in Francia e successivamente in Belgio. Nei primi anni Quaranta partecipa a Parigi alle iniziative contro la guerra nazifascista, conoscendo molti esponenti comunisti italiani emigrati tra i quali Giorgio Amendola, Luigi Longo, Giancarlo Pajetta, Giuseppe Di Vittorio, Arturo Colombi che diventerà suo marito.
“La sua biografia - scriveva Bruno Ugolini nella prefazione al volume Le tre vite di Nella (a cura di Maria Luisa Righi, Edizioni Sipiel 2009) - è la storia di una donna italiana particolare. Non è solo un memoriale, è un vero e proprio romanzo storico-politico che ripercorre quasi cento anni della storia italiana. La protagonista incontra, nel corso delle sue tre vite, da giovanissima partigiana, da dirigente del Partito Comunista, e da dirigente della Cgil, una gran folla di donne e di uomini. Molti hanno nomi importanti, conosciuti (…)”.
Una donna, Nella Marcellino, “con il sorriso dolce e il temperamento d’acciaio (…) La si guarda e vien da pensare a quando affrontava a Milano le lotte interne tra il partito degli operai e quello degli intellettuali. È una donna che ha saputo tener testa, con quel sorriso, con quella capacità ironica, a personaggi come Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Pietro Secchia, Giancarlo Pajetta, Armando Cossutta, Rossana Rossanda”.
A soli vent’anni è tra gli organizzatori degli scioperi del 1943 e, con l’avvio della Resistenza armata, supporta le azioni dei Gap e dei partigiani. Dopo la Liberazione è responsabile per il Partito comunista della Commissione femminile bolognese prima, nazionale poi e a Milano responsabile della Commissione di organizzazione. Nel 1961 lascia il lavoro di Partito ed entra nella Segreteria della Filziat, il sindacato delle industrie alimentari, del quale diventa nel 1969 segretaria generale aggiunta. Nel 1975 viene eletta segretaria generale della Filtea, il sindacato dei tessili, sostituendo Sergio Garavini.
Negli anni della sua Segreteria storica sarà, il 19 febbraio 1982, la manifestazione che porterà a Roma quasi 100.000 persone, nella maggioranza donne, in un inedito contesto di gruppi folkloristici e bande musicali, ragazze in costume, palloncini, fiori, striscioni colorati.
“Fu la prima manifestazione che usciva dai rituali tradizionali ed esprimeva fantasia, allegria, musica, fiori, colori. Il logo ‘I love Fulta’ comunicava tutta la tensione unitaria delle lavoratrici e dei lavoratori del Tac, ma la manifestazione fu ricordata anche come ‘la manifestazione delle mimose’, il cui colore si abbinava benissimo al rosso delle bandiere”, raccontava lei stessa. Ritorna la spinta operaia, titolava il giorno successivo l’Unità.
“Sembrava 1’8 marzo. Per qualche ora ieri Roma ha avuto l’impressione che il calendario fosse impazzito e avesse guadagnato in poche ore alcune settimane. Tre cortei straordinari hanno attraversato la città e sono confluiti a piazza San Giovanni. Centomila? Anche di più. Lavoratrici, ma anche lavoratori, tessili sono venuti da ogni parte d’Italia per dare la risposta più ferma e la più forte da molti mesi a questa parte all’intransigenza e allo spirito di rivincita del padronato. C’è un dato politico di valore generale nella riuscita dello sciopero e nel carattere straordinario - e non ci riferiamo solo ai numeri ma anche al tipo di corteo - della manifestazione di ieri. Passano gli anni, ci si avvicina sempre più al collo della bottiglia, al momento in cui la crisi - anche politica, anche morale - sembra aver raggiunto il suo apice ed ecco ripresentarsi i protagonisti possibili della storia italiana recente: la classe operaia e le donne. Nessuna enfasi. Si tratta di una constatazione”.
“Una manifestazione così grande di donne a Roma - dirà Luciano Lama iniziando il suo intervento in piazza - io non l’avevo mai vista”.
“Alla testa del corteo - prosegue il racconto de l’Unità - festeggiati, applauditi, coperti di fiori e adeguatamente 'coccardati' i segretari generali della Fulta Nella Marcellino, Rino Caviglioli e Renato Ferrari, fianco a fianco a Luciano Lama, Pierre Carniti, Agostino Marianetti, Cesare Delpiano, oltre ai dirigenti delle altre categorie (tra i quali Borghesi e Bentivogli per la Flm). Luciano Lama, parlando alla tribuna, ha esaltato 'il carattere unitario, il clima sereno' di questa manifestazione, che ha avuto le caratteristiche «che sempre di più dovranno avere tutte le nostre iniziative. Non c’è un’aria cupa, in questa piazza, non c’è dramma, anche se drammi personali e collettivi sono certamente presenti in molti minacciati di licenziamento e posti da tempo in cassa integrazione. C’è oggi il segno di una grande categoria che sa far valere i propri diritti con forza e insieme con grazia”.
Sul palco, accanto ai microfoni, le copie delle decine di messaggi pervenuti alla manifestazione: quello di Nilde Iotti, quelli di tanti sindaci, di dirigenti di altre categorie, dei partiti democratici, quello inviato da Enrico Berlinguer.
“Il Pci - si legge nel messaggio - saluta nella vostra manifestazione il segno chiaro della ferma determinazione delle lavoratrici e dei lavoratori tessili italiani di far pesare le loro aspirazioni e i loro interessi nello sviluppo della vita economica e sociale del Paese. La vostra lotta non esprime soltanto - come avete dimostrato con questa massiccia presenza a Roma - la volontà di protestare per le troppe ingiustizie che ancora permangono nella società italiana e, ancor di più, in un settore a prevalente occupazione femminile. La vostra manifestazione dà soprattutto la prova della capacità di indicare le vie d’uscita dalla crisi nel segno del progresso e del rinnovamento. Questa manifestazione è appunto la testimonianza che la classe operaia, di cui voi siete parte importante, crede nella possibilità di questo cambiamento e per esso è decisa e pronta a lottare”. Oggi come ieri.