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Siamo appena usciti dal periodo delle vacanze estive, per chi ha potuto permettersele e non è certo la maggior parte di lavoratori e lavoratrici, per non parlare di quanti sono in pensione, e come ogni anno si comincia a ragionare di manovra. Cuore della prossima legge di bilancio, tanto per cambiare, sarà la questione previdenziale. Altro che rispondere alle promesse elettorali e modificare la legge Fornero, il punto è quanto, anche quest’anno, sterilizzare l’indicizzazione delle pensioni per far cassa.
Cosa c’entra questo con la questione del calo demografico? Moltissimo, così come c’entra con svariate altre questioni a cominciare con quello della partecipazione femminile alla vita economica e sociale del Paese. Così come c’entra con il desiderio, sì il desiderio, e la libertà delle donne.
E ancora, c’entra con il futuro economico e sociale dell’Italia, perché un paese popolato di anziani e vecchi, un paese spopolato di ragazze e ragazzi innova meno ed è meno in grado di utilizzare le innovazioni di altri che inevitabilmente si impongono e si imporranno.
Tutto il mondo è paese?
Esistono ancora differenze rilevanti sul tasso di natalità tra le diverse aree del pianeta. Quel che è certo, però, è la direttrice è tracciata: dal 2080 in poi la popolazione mondiale decrescerà. A dirlo è il “2022 Revision of World Population Prospects”, rapporto annuale delle Nazioni Unite che guarda alla situazione attuale e futura della popolazione mondiale da poco pubblicato. Nei 63 paesi dove si concentra il 28% della popolazione il picco delle nascite è già stato raggiunto ed è cominciata inversione della curva, mentre nei 48 che accoglie il 10% degli abitanti del mondo la curva positiva continuerà arrivando al suo apice tra il 2025 e il 2054. Negli altri 126 il picco dei nuovi nati dovrebbe raggiungersi verso fine secolo.
Ricchi e poveri
I numeri non mentono e quelli dei nuovi nati si concentreranno maggiormente nei paesi poveri meno sviluppati, soprattutto quelli dell'Africa subsahariana. Proprio nelle zone più depresse del pianeta, infatti, si registra il tasso di fertilità più elevato. Quello mondiale si attesta al 2,3 nati per donna assai vicino alla soglia del 2,1 necessaria a garantire il mantenimento della popolazione. E pensare che solo 3 decenni fa, nel 1990 si attestava al 3,3.
La ricetta dell’Onu
Il paradosso sta nel fatto che il Rapporto sostiene che la chiave per arginare il declino demografico nei 50 paesi più a rischio è l’immigrazione, ma nei 14 paesi con i tassi di fertilità più bassi l’emigrazione contribuisce allo spopolamento. Ed allora, visto che sono solo 100 quelli nel mondo in cui la popolazione in età da lavoro aumenterà nei prossimi 30 anni, a loro e agli altri non resta che beneficiare di questo “dividendo demografico”. Come? Investendo in istruzione, sanità, infrastrutture, riforme che sappiano creare lavoro.
Il declino italiano
Uno dei ritornelli più cari a Meloni è quello dell’inverno demografico e dell’allarme natalità. In sé allarme non sbagliato, sono le cause e le ricette che la premier individua ad esserlo. Ma anche in questo caso partiamo dai dati o, meglio, dalle previsioni sulla popolazione italiana rese pubbliche dall’Istat a fine luglio. “La popolazione residente è in decrescita: da circa 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,6 mln nel 2030, a 54,8 mln nel 2050 fino a 46,1 mln nel 2080”. Se tra il 2014 e il 2023 abbiamo “perso” circa 1 milione e 350mila residenti, entro il 2050 ne spariranno oltre 4 milioni.
Cambia la società
Meno nati, meno giovani, più anziani. Tutti più soli. 63% è la quota di giovani destinata nei prossimi 20 anni a vivere con un solo genitore. Nel 2043 le famiglie saranno composte in media da 2,8 componenti e gli ultra 75enni soli saranno oltre 4 milioni.
Parole vuote
L’invocazione a fare più figli affermando che quelle donne che ne hanno due o più hanno già dato il proprio contributo alla società oltre a essere discriminatorio – nei loro e nei confronti delle altre perché tutte vengono considerate solo nel ruolo di madre e quelle che non lo sono, per scelta o per destino, sono quasi considerate donne di serie b – è anche inutile. Oggi nascono pochi bambini e bambine non solo perché il tasso di fertilità è tra i più bassi al mondo 1,2 nati per donna secondo l’Istat, ma perché il declino è cominciato decenni fa e ci sono troppe poche italiane in età riproduttiva per invertire la curva.
Senza lavoratori e lavoratrici
A contare quanti ne mancheranno, 150mila da qui al 2030, è l’analisi “Il mercato del lavoro del lavoro in Italia, tra record e mismatch” realizzata dall’area sudi di Legacoop e da Prometeia: “Di qui al 2030, stimiamo che ogni anno la dimensione dei flussi in entrata sarà pari a oltre 450,000 unità mentre i flussi in uscita saranno crescenti e mediamente oltre le 600,000 unità. Ci sarà dunque un deficit nell’ordine di 150,000 lavoratori all’anno”.
Le aree interne pagano pegno
A fine luglio, sempre l’Istat ha pubblicato un report sulla “Demografia delle aree interne”, lì il calo demografico è più marcato. Sarà un caso o dipende dal fatto che in quei territori non ci sono ospedali e ambulatori, trovare i medici di medicina generale è sempre più una rarità, per non parlare di asili nido e scuole, i trasporti sono quasi una chimera, così come gli sportelli bancari e i servizi alla persona o le opportunità di lavoro? E potremmo continuare. Sta di fatto che in 10 anni, dal 1 gennaio 2014 al 1 gennaio 2024 la popolazione residente nelle aree interne è diminuita del 5%, stiamo parlando di oltre 4mila comuni pari al 48.5% del totale. Nascono meno bambini e bambine e aumentano i ragazzi e le ragazze che da lì partono per non tornare. Tra il 2014 e il 2024 sono andati via 330mila giovani laureati e laureate diretti ai Centri e altri 45mila si sono spostati all’estero.
Desiderio e libertà delle donne
Il tasso di occupazione femminile italiano è al 52,7%, il più basso d’Europa, e si contano ben 18 punti percentuali in meno rispetto a quello maschile, per non parlare del divario salariale o della precarietà, che invece è maggiore. E delle troppo poche donne che un’occupazione ce l’hanno, 1 su 5 alla nascita di un figlio è costretta a lasciarla. Se si cerca un posto in asilo nido, magari sperando di usufruire di un bonus all’uopo, non si trova né il posto né il bonus se non si ha un’occupazione a tempo indeterminato e di figli almeno due. Ma dove ha inciso la revisione del Pnrr firmata Fitto e Meloni? Sui nidi da costruire, oltre che sulla sanità. Ma questo del desiderio e della libertà delle donne merita un ulteriore approfondimento.
Occupazione femminile e fecondità
Sta di fatto, lo ricorda la demografa Maria Rita Testa su Il sole 24 ore che: “In Italia i tassi di fecondità più elevati si osservano nelle aree con una maggiore percentuale di donne occupate. Ad esempio, le provincie autonome di Bolzano e Trento e l’Emilia Romagna registrano alti tassi di fecondità e una significativa occupazione femminile”. Cara Meloni, è il messaggio in bottiglia che vorremmo lanciare, investi sulla libertà delle donne, promuovi – ad esempio – politiche che incentivino l’occupazione femminile dignitosa e stabile, approva il congedo parentale paritario, costruisci una rete di servizi pubblici per l’infanzia e per gli anziani, e scoprirai che le donne che lo desiderano saranno finalmente nella condizione di scegliere liberamente di diventare madre.