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Il nipote del martire di mafia, quello che insieme ai genitori si battè per restituire dignità allo zio sindacalista della Cgil e partigiano, per restituirgli la possibilità di esequie pubbliche. Conoscemmo Placido Rizzotto jr a Corleone, era il 16 marzo del 2014 quando a 64 anni dall’uccisione per mano mafiosa si celebrarono i funerali di Stato di Placido Rizzotto senior e il cui corpo buttato nel inghiottitoio di Rocca Busambra. La cattedrale di Corleone era gremita e a stringere la mano del nipote del “giusto del lavoro” fu il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Placido Rizzotto jr se ne è andato a 73 anni dopo una lunghissima malattia, ma non aveva smesso il tono mite ma tenace che lo ha caratterizzato per tutta vita, spesa a cercare verità e ad affermare la necessità, sì necessità, della memoria. La memoria che serve a costruire il presente e il futuro di affermazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, del contrasto alle organizzazioni mafiose. Lo incontrammo poi un anno dopo in un pomeriggio di gennaio freddissimo sempre nella piazza di Corleone per accogliere il suo invito alla memoria e costruire insieme una trasmissione – allora c’era RadioArticolo1 – per raccontare chi era suo zio e perché fu ucciso da Luciano Liggio. Un pomeriggio indimenticabile.
Quanti ricordi insieme a Placido
Placido Rizzotto jr era iscritto alla Cgil che ha sempre ritenuto la sua casa e il luogo dove proseguire l’impegno dello zio. “Quanti ricordi insieme a Placido”. Racconta Dino Paternostro, responsabile Archivio e storico e memoria della Camera del Lavoro di Palermo, che aggiunge:
“Da ragazzino a Corleone, insieme a suo padre e a sua madre, per ricordare lo “zio Placido” Rizzotto, di cui un po’ si sentiva il figlio che lui non aveva fatto in tempo ad avere. E poi le tante iniziative per chiedere allo Stato, a quello Stato a cui nonostante tutto continuavamo a credere, di trovare il corpo del segretario della Camera di Corleone, ucciso il 10 marzo 1948 dal killer della mafia Luciano Liggio e dai suoi scagnozzi. Il corpo di Placido era stato buttato in una “ciacca” di Rocca Busambra, perché la mafia di voleva cancellare ogni traccia, e mai più ritrovato, nonostante l’impegno dell’allora capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa nel lontano 1949-50. Lo chiedevamo ad ogni anniversario di ritrovare il corpo di Rizzotto: lo chiedeva la Cgil, lo chiedeva la famiglia Rizzotto. Ma lui, Placido Jr. più di tutti, con più determinazione e con più forza di tutti, con più fede”.
Il privilegio di una storia
“Prima ancora di conoscere Placido ho conosciuto, come tanti di noi, il suo nome e cognome”. Così lo ricorda Mario Ridulfo, segretario della Cgil di Palermo:
“Non è facile per nessuno dovere dividere la storia personale e familiare con quella di un eroe e martire, come lo zio Placido Rizzotto. Ma Placido jr ha vissuto questa storia non come un peso ma come un privilegio, quello riservato a pochi, di vivere cioè due vite in una. Non solo ricordo ma un impegno vero, militante, da sindacalista e da socialista com'era, nel lavoro e nella vita di ogni giorno, fino all'ultimo. Un impegno totalizzante, quello per lo zio ucciso dalla mafia a Corleone, testimone di un modo diverso di fare antimafia in terra di mafia. Placido mancherà a tutti noi ogni giorno, mancherà il suo impegno, ma anche la sua leggerezza, l'empatia e la capacità, in una sola battuta, di strappare una risata. Toccherà ora a noi, assieme ai familiari e al fratello Angelo, continuare ad essere testimoni di una storia di impegno e di amore per questa terra, nel segno di un nome e di un cognome, Rizzotto, e di due persone in una”.
Le finestre aperte di Corleone
Così la cittadina della provincia palermitana, nota per aver dato i natali a sanguinari capi mafia del calibro di Toto Riina, accolse il corteo funebre che dalla Chiesa Madre accompagnarono i resti del sindacalista ucciso al cimitero, con le finestre finalmente aperte. A ricordare quei momenti ancora Dino Paternostro che sottolinea come quando finalmente fu ritrovato il corpo di Rizzotto fu proprio il nipote, Placido jr che: “Immediatamente, insieme alla Cgil, lanciò l’idea dei funerali di Stato per Placido Rizzotto. Mai lo Stato aveva concesso questa onorificenza ad un sindacalista ucciso dalla mafia. Ma allora - eravamo nel 2012 - furono deliberati dal Consiglio dei ministri. E il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, annunciò subito la sua partecipazione. Placido Jr. era raggiante ed emozionatissimo. Basta leggere o ascoltare le sue parole pronunciate durante la cerimonia del 24 maggio nella Chiesa Madre di Corleone (è possibile ascoltando la puntata dei Giusti del lavoro pubblicata qui). Ricordò lo zio, le lotte per il lavoro, per la terra, contro la mafia. E annunciò, in quel fatidico 24 maggio, “Non passi mai più la mafia!”.
Un testimone da portare con orgoglio
La strada la indica la segretaria nazionale della Cgil Lara Ghiglione:
“Domenica 28 aprile eravamo a Palermo. Placido Rizzotto ci ha aperto le porte di casa sua e ci ha invitati a pranzo per raccontarci del sacrificio di quell’enorme zio che tutte e tutti conosciamo. Per parlarci di Palermo e della Sicilia. Di quello che la sua famiglia, lui compreso, ha fatto per dare dignità a tante lavoratrici e lavoratori e sottrarli alla ricattabilità e allo sfruttamento da parte della mafia. Per liberare quella terra che tanto amava”. E conclude la dirigente sindacale: “Placido ci ha lasciati. Sono onorata di averlo conosciuto, di averlo ascoltato e di aver potuto apprezzare con quanta gentile e pacata determinazione abbia cercato, per tutta la sua vita, di lasciare una Sicilia e un’Italia più giusta. Ora Placido continuiamo noi”.