Un triste anniversario cade venerdì 18 aprile 2025: sono dieci dal peggiore naufragio del Mediterraneo. Nella notte tra il 18 e 19 aprile 2015, infatti, un peschereccio con a bordo centinaia e centinaia di migranti si capovolse tra la costa della Libia e Lampedusa. Oltre mille morti furono le vittime di quella tragedia.

Unhcr: si continua a morire in mare

A ricordarla oggi è stata l’Unhcr: “Dopo dieci anni si continua a morire in mare, in fuga da guerre in cerca di salvezza”. Così inizia la nota diffusa dall’organizzazione. “I tagli agli aiuti – spiega - lasciano le persone senza alternative: rischiare la vita nelle mani dei trafficanti. Non possiamo permetterlo”.

Nello specifico, l’imbarcazione aveva lanciato una richiesta di aiuto e un mercantile si era recato sul posto a prestare soccorso: molti uomini e donne che si trovavano chiusi nelle stive però non riuscirono a mettersi in salvo. I sopravvissuti furono solo 28, che si trovavano sul ponte. “Da allora si stima che 34.000 persone siano morte o disperse mentre - riprende l’Unhcr - cercavano di raggiungere l’Europa via mare. È probabile che il numero reale sia molto più alto”.

Lo afferma Philippe Leclerc, direttore dell'Ufficio per l'Europa: “Senza alternative, i rifugiati e i migranti continueranno a intraprendere viaggi pericolosi. Operazioni di ricerca e soccorso tempestive, più percorsi legali verso l’Europa, ma anche aiutare le persone a trovare sicurezza e assistenza salvavita più vicino a casa - dove la maggior parte dei rifugiati rimane - sono azioni che salvano vite umane”.

Mattarella: la nostra civiltà ci impedisce di voltare le spalle

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda il disastro: “Dieci anni or sono nel Canale di Sicilia si consumò un’immane tragedia del mare, tra le più terribili che si ricordano nel Mediterraneo – queste le sue parole -. I migranti morti e dispersi raggiunsero numeri spaventosi. Fra le vittime anche decine di bambini”.

“Erano persone – continua il capo dello Stato - che disperatamente cercavano una vita migliore, fuggendo da guerre, persecuzioni, miseria. Persone finite nelle mani di organizzazioni criminali, che li hanno crudelmente abbandonati nel pericolo. La Repubblica italiana ricorda quelle tante donne e tanti uomini, molti destinati a restare senza nome”. Per il presidente, infine, “è la nostra civiltà a impedirci di voltare le spalle, di restare indifferenti, di smarrire quel sentimento di umanità che è radice dei nostri valori”.

Danesh: intervenire in modo giusto e senza propaganda

“È stata una grande tragedia. La situazione grida vendetta, ormai il Mediterraneo è diventato un cimitero per tutti quelli che scappano dalla fame, dalla guerra e dalla disperazione”. Così Kurosh Danesh, responsabile Ufficio immigrazione della Cgil nazionale. “In assenza dei canali regolari per emigrare – spiega -, purtroppo spesso vengono scelte queste vie per arrivare in Italia”.

“Ciò che stiamo vivendo in questo periodo – inoltre – è una situazione molto complessa: in Europa siamo di fronte a un calo demografico, quindi i migranti possono dare una risposta in parte. Dall’altra parte però le migrazioni sono diventate oggetto di propaganda della destra, per ottenere voti facili, senza pensare che qui si gioca sulla vita delle persone”.

Le tragedie rischiano di continuare

In generale, nell’approccio dell’Italia ai migranti “manca un ragionamento corretto, giusto, che corrisponda alle esigenze culturali, sociali ed economiche”. Oggi si ricorda questa tragedia epocale: “Non sono riusciti a recuperare neanche tutti i corpi dentro la nave, si stimano più di mille vittime. Dopo ci furono i naufragi di Lampedusa e Cutro – conclude -, insomma se non iniziano a fare un discorso ragionevole le tragedie rischiano di continuare. Dobbiamo essere umani e dare risposte adeguate”.