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Il bilancio di Lucha y Siesta è un bicchiere che trabocca. In un report costruito sulle attività dal 2009 a oggi, è quantificato il valore dei servizi offerti alla città senza che il Campidoglio versasse un euro. I risultati sono impressionanti. Come centro antiviolenza e sportello di ascolto e accoglienza, il risparmio, calcolato prendendo a riferimento il bando Comune di Roma numero 21 del 2017, è stato di oltre 655 mila euro.
Quello come casa rifugio, con una media di 20 posti per 11 anni, è di poco più di 5 milioni di euro (in questo caso il bando Comune di Roma di riferimento è il numero 34 del 2017 per due anni). In poco più di un decennio le donne sostenute nei percorsi di uscita dalla violenza sono state 1.200. E quelle che hanno abitato in questa vecchia stazione 142, con 62 minori. Il totale risparmiato dal Comune grazie a questa esperienza è stato di quasi 7 milioni di euro.
Nonostante questo, la giunta capitolina ha deciso di inserire anche lo stabile di via Lucio Sestio 10 tra gli immobili presenti nel piano di concordato, luoghi che dovranno essere venduti entro il prossimo anno per sopperire alla mala gestione dell’Atac ed evitarle il fallimento. Contro questa decisione è nato il comitato "Lucha alla Città" che chiede alla sindaca Virginia Raggi di dare ascolto alle donne. “Non si fa contrasto alla violenza di genere chiudendo e sgomberando gli spazi femministi, presi persino ad esempio dalle istituzioni dell’Unione Europea”.
Una battaglia alla quale partecipa anche la Cgil, in particolare la Camera del Lavoro territoriale di Roma sud, Pomezia, Castelli, presente, al fianco delle attiviste, a tutte le iniziative di lotta e di resistenza contro una chiusura inspiegabile, in un Paese dove, dal primo gennaio, sono già 14 le vittime di femminicidio.
Nell’Unione Europea, stando agli ultimi dati, aggiornati lo scorso 25 novembre, una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale nella sua vita. “Nella metà dei casi, quando una donna viene uccisa, l'assassino è qualcuno a lei vicino, un amico o un familiare” ha dichiarato Evelyn Regner, presidente della commissione del Parlamento per i diritti della donna. “I colpevoli sono spesso mariti, fratelli o compagni. Il posto più pericoloso per le donne è quindi la propria casa. La violenza contro le donne riguarda tutti noi”.