La Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie compie trent’anni. E li compie in un luogo chiave: Trapani. Il “titolo” scelto da Libera per l’edizione di quest’anno - Il vento della memoria semina giustizia - riassume in maniera efficace un’idea della memoria, del suo recupero, che diventa seme per il presente e per il futuro.
In testa al corteo Don Luigi Ciotti con i familiari delle vittime di mafia giunti da tutta Italia. Insieme a don Ciotti i vescovi Pietro Maria Fragnelli (Trapani), Angelo Giurdanella (Mazara del Vallo), Alessandro Damiano (Agrigento) e Gualtiero Federico Isacchi (Monreale).


Presenti anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, il prefetto di Trapani Daniela Lupo e il presidente della commissione regionale antimafia Antonella Cracolici.
Il corteo è partito dal lungomare di Trapani ed è arrivato a piazza Vittorio Emanuele dove come da tradizione sono stati letti i nomi di tutte le vittime innocenti di mafia.


Rispetto alla prima edizione, quella celebrata a Roma in Campidoglio il 21 marzo del 1996, quel terribile elenco è cresciuto: le vittime erano 300 e ora sono salite a 1.101. Non si tratta, ovviamente, sempre di nuove vittime, ma spesso di tragedie rivelate col tempo, in qualche modo scoperte e restituite alla conoscenza.


Senza però dimenticare, come ricorda Don Ciotti, il fondatore di Libera, che “l'80% dei familiari delle vittime di mafia non ha ancora avuto verità e senza verità non si può avere giustizia. Loro hanno bisogno di sapere”.
Per questo, prosegue, “occorre un impegno forte delle istituzioni: Chi sa parli. Questa lettura dei nomi deve graffiare le coscienze. E ci sono molti giovani che abbiamo preparato in questi mesi. Abbiamo lavorato con loro. I giovani ci sono quando proponi loro cose vere, cose vive. Bisogna investire nei giovani”.
''Combattere la mafia significa affermare il diritto al lavoro delle persone. Le persone non sono libere se sono precarie, non sono libere se non arrivano alla fine del mese, non sono libere se muoiono sul lavoro, se i loro diritti fondamentali, a partire da quello alla salute e all'istruzione, non sono garantiti", così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini da Trapani.
Per questo, ha continuato, “combattere le mafie significa anche affermare un altro modello di società e cambiare quella legislazione assurda, folle che negli ultimi vent'anni è stata fatta che ha affermato un modello di far impresa fondato sullo sfruttamento e su un sistema di subappalti che in realtà non ha fatto altro che favorire l'ingresso della mafia nell'economia reale
''.