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Un territorio fragile, che ha bisogno di investimenti sul sistema di beni e servizi che incrementino la ricchezza diffusa, ancor prima che il capitale privato. È quanto emerge dalla ricerca “Abitare il territorio fragile. Benessere, qualità della vita ed economia fondamentale nel Salento”, commissionata dalla Cgil Lecce e condotta dall’Università del Salento. Il report fotografa l’analisi di bisogni e priorità del territorio, consegnando al sindacato, ma anche alle amministrazioni locali, alle associazioni impegnate sullo sviluppo sociale del territorio e alla comunità in generale, una lunga serie di dati, tabelle, considerazioni accademiche. La ricerca è stata condotta dai ricercatori del Dipartimento di Storia, società e studi sull’uomo dell’Ateneo in tre comuni rappresentativi dei centri abitati salentini: Lecce, Casarano e Corigliano d’Otranto, con il coordinamento scientifico del professor Angelo Salento, docente di Sociologia economica e del lavoro.
Alla presentazione hanno partecipato la segretaria generale della Cgil Lecce, Valentina Fragassi; il professor Salento (UniSalento); Carlo Salvemini, sindaco di Lecce; Dina Manti, sindaca di Corigliano d’Otranto; il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo. Il sindaco di Casarano,
“È la prima volta in 77 anni di storia che la Cgil avverte il bisogno di una ricerca di questo tipo”, spiega Valentina Fragassi. “Lo facciamo con due obiettivi fondamentali: sapere di che cosa hanno bisogno realmente gli abitanti del territorio; capire come migliorare la qualità della vita di tutti, non solo dei nostri iscritti, con contributi concreti quali la contrattazione sociale e territoriale. L’idea è quella di offrire un contributo alla comunità e alle amministrazioni, un sostegno che vada oltre l’attuale fase emergenziale per avviare una discussione di ampio respiro su un unico grande obiettivo: il benessere pubblico, perché la ricchezza infatti, per grande che sia, nulla può in condizioni di miseria pubblica”.
“Le risultanze della ricerca parlano del forte arretramento che il pubblico, lo Stato, ha vissuto nel Paese in questi ultimi 30 anni di dominio del paradigma neoliberista”, dice Pino Gesmundo. “Arretramento in termini quantitivi e qualitativi di protezioni sociali, di presìdi riconoscibili nei territori. E parlano di quanto ci sia bisogno di pubblico nel nostro Paese, come è emerso con forza in quest’anno di emergenza sanitaria, con la sanità prima frontiera della lotta al virus, ma pensiamo alla cura degli anziani, all’istruzione, ai servizi di mobilità. Ci sono ambiti in cui il pubblico non può arretrare, deve anzi investire perché in quella rete di servizi e tutele universali si sostanzia il dettato costituzionale di diritti uguali per tutti. Così al Sud non è mai stato e non è un caso che la gran parte delle risorse comunitarie del Piano Next Generation insistano proprio sul tema della coesione sociale, della riduzione del divario all’interno dell’Europa e quindi in Italia tra Mezzogiorno e Nord del Paese. La risposta sul piano politico può essere solo quella del miglior uso dei finanziamenti, per colmare questo gap e creare assieme opportunità di lavoro e di reddito, che sono le altre emergenze. In questo vuoto di risposte e di solitudine sul piano materiale e sociale, c’è il lavoro che ha fatto e che deve continuare a fare sempre meglio anche il sindacato”.
Qui è possibile consultare la ricerca: