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Chi sono i soggetti più colpiti dall’odio in rete? Le donne. E non di poco. Empiricamente ne avevamo già contezza, ma oggi ne abbiamo avuto la conferma su base numerica grazie a Vox, osservatorio italiano sui diritti, che periodicamente pubblica la mappa dell’intolleranza realizzata in collaborazione con alcune università italiane. Nel corso della rilevazione del 2021 che ha raccolto un milione, 304mila e 537 tweet nel periodo tra fine gennaio e ottobre, sono stati classificati come negativi, ovvero violenti, aggressivi, insultanti, il 43% dei tweet.
L’analisi ha poi individuato 6 cluster: donne, migranti, musulmani, omosessuali, ebrei e disabili, e dato così un valore all’odio sul web. Il 42,6% del complesso dei tweet generati si riferiscono a donne, ma se guardiamo ai soli messaggi di odio e discriminazione, la percentuale sale notevolmente e arriva al 70,7%.
Le donne vengono aggredite in massa sui social molto, molto più di qualunque altro cluster perché hanno osato prendere la parola, esternare, dire ciò che pensano. E lo fanno da un pulpito che viene considerato usurpato perché nella logica misogina le donne non sono adeguate, abbastanza preparate, sufficientemente in gamba quindi non meritano il ruolo che ricoprono e che magari hanno sottratto a un uomo più bravo ricorrendo a stratagemmi femminili o molto più banalmente alle quote.
Nella cultura patriarcale che qui si intreccia con le dinamiche polarizzanti dei social dove tutto è bianco o nero, con me o contro di me, le donne sono l’altro, il nemico e quindi il principale “oggetto di aggressione”. Perché la violenza sulle donne è innanzitutto un problema culturale.
Esmeralda Rizzi è componente del Dipartimento Politiche di genere della Cgil Nazionale