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"Se non si trovano entro i prossimi quattro mesi coperture per 23 miliardi, aumenteranno le aliquote Iva, così come previsto dalle clausole di salvaguardia, e in quel caso assisteremmo a un aumento dei prezzi generalizzato di tutti i beni di consumo. Sappiamo che l'inflazione di per sè non è un rischio in questo momento, ma è un problema per l'Italia e per tutti i paesi dell'Europa mediterranea, che hanno un'alta percentuale di persone sotto la soglia di povertà, in quanto l'Iva è un'imposta che si applica a tutti. E considerando che è la tassa più evasa, mettere le clausole significa di fatto far pagare tutti coloro che non possono evitare di pagare, ovvero i consumatori, in gran parte lavoratori e pensionati. Insomma, ciò provocherebbe una depressione sul mercato interno". Così Cristian Perniciano, area politiche dello sviluppo Cgil nazionale, intervenuo oggi, 6 settembre, assieme a Vincenzo Russo, docente di Scienza delle finanze all'università La Sapienza di Roma, a "Economisti erranti", la rubrica di RadioArticolo1.
"Come Cgil, siamo assolutamente contrari agli aumenti dell'Iva. Oltretutto, pensiamo che i 23 miliardi siano una sovrastima e che togliendo alcuni provvedimenti palesemente dannosi e iniqui del precedente governo, vedi la flat tax per le partite Iva fino a 100.000 euro di ricavi, si potrebbe arrivare a 15-16 miliardi, provando poi a contrattare con l'Ue la possibilità di non dover coprire le clausole di salvaguardia, cone è stato fatto per Grecia e Spagna, sia pure con proporzioni inferiori. C'è il rischio di deprimere ulteriormente l'economia, che peraltro sta tornando in crisi. Dobbiamo trovare il modo di mettere in sicurezza i conti pubblici senza ricorrere necessariamente all'Iva. Il nostro metodo per mettere in sicurezza i conti pubblici - lo ribadiamo - è sempre lo stesso: aumentare il Pil, dopodichè si può pensare a rivedere alcune aliquota dell'Iva, magari sui beni di lusso", ha osservato l'esponente Cgil.
"Siamo in una situazione di depressione della domanda interna, sia sotto il profilo dei consumi che per gli investimenti. Ma va fatta un'ulteriore considerazione: dal 2015 ad oggi, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia è avvenuta in deficit. I governi Renzi, Gentiloni e il primo Conte hanno utilizzato la flessibilità ottenuta dalla Commissione europea per finanziare spese correnti. La mia proposta è che queste clausole vengano abrogate, sterilizzate totalmente, per aprire degli spazi per fare almeno 50 miliardi di investimenti pubblici all'anno sul modello tedesco, dove si pensa a un piano di investimenti decennali da 500 miliardi: è la cosa di cui abbiamo più bisogno, visto che sono ridotti al lumicino negli ultimi anni, a meno del 2% del Pil, e abbiamo problemi per le scuole, l'assetto idrogeologico, la messa in sicurezza, le infrastruttture, i trasporti e quant'altro. Gli investimenti pubblici farebbero da traino a quelli privati, innescando un meccanismo a catena di ripresa dell'economia. Altrimenti, con la mazzata dell'Iva, siamo condannati a restare in recessione", ha spiegato dal canto suo Vincenzo Russo.