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È il 9 marzo 1973 quando a Milano Franca Rame viene rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino e stuprata per ore.
Un piano nato negli ambienti di estrema destra, per colpire una donna che si occupa di politica, che collabora con Soccorso Rosso, che si è esposta sul caso Pinelli, una donna che parla di fascismo e Resistenza. I colpevoli non saranno mai arrestati - nonostante anni dopo un pentito farà i loro nomi - essendo il reato era ormai prescritto.
Nel 1975 l’attrice racconterà l’atroce vicenda che l’aveva vista protagonista nel monologo “Lo stupro”. “Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni - dirà - Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile. Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto. Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola. Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Devo stare calma, calma. “Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta. “Muoviti puttana fammi godere”. Sono di pietra. Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male. “Muoviti puttana fammi godere”. La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no. “Muoviti, puttana. Fammi godere”. Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie. È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose”.
Parole che sono un pugno nello stomaco, una denuncia cruda e terribile della violenza subita.
Una denuncia onesta e coraggiosa in anni in cui di stupro si parlava molto poco (“Processo per stupro” è del 1979).
“Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti - diceva Franca Rame - È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani”.
Il 19 aprile del 2012 Franca Rame è colpita da un ictus e ricoverata d’urgenza al policlinico di Milano.
Morirà il 29 maggio 2013, nella sua abitazione in corso di Porta Romana, tra le braccia di Dario Fo, compagno di una vita.
Fuori dalla camera ardente allestita al teatro Piccolo saranno in tantissime a indossare un accessorio rosso come l’attrice aveva chiesto (“Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicine, amiche e anche nemiche... vestite di rosso che cantano Bella ciao”. Così aveva immaginato i suoi funerali).
“Se ne va un pezzo di femminismo”, sarà il commento di tante, mentre il feretro esce dalla camera ardente tra le note di Bella ciao, gli applausi della folla e un unanime grido: ‘Ora e sempre resistenza’.