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Il 26 aprile 1981 decine di migliaia di persone manifestano a Firenze per la legge 194. L’oratore della giornata è Enrico Berlinguer che dal palco afferma: “Minacce di involuzione derivano dall’andamento complessivo della vita della società, dalla crisi economica e dagli indirizzi dominanti della vita politica e culturale, dalle spinte particolaristiche, dalla frantumazione corporativa, dalle esasperazioni individualistiche, da questi fenomeni che percorrono il corpo sociale e minano la convivenza civile, indebolendo lo spirito di solidarietà e la lotta per la giustizia sociale. Questi fenomeni spingono la società a un imbarbarimento, da cui non ci si salva chiudendo gli occhi (…)”.
Era ieri. Sembra oggi. L’oggi di un’Italia nella quale diventa sempre più difficile, se non addirittura impossibile, abortire.
Nel Molise è obiettore più del 90% dei ginecologi, come nella provincia autonoma di Bolzano ed in Basilicata. Seguono, con dati più o meno similari, la Sicilia, la Puglia, la Campania, il nel Lazio e in Abruzzo. Minore, ma sempre alta, la percentuale di anestesisti obiettori che, in media, è pari al 50%. Anche in questo caso i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo in testa la Sicilia seguita da Calabria, Molise e Lazio.
Il Consiglio d’Europa si è pronunciato più volte contro l’Italia per violazione dei diritti delle donne. In particolare l’11 aprile del 2016 ha accolto il reclamo n. 91/2013 presentato dalla CGIL, riconoscendo che l’Italia viola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza e discrimina i medici e il personale sanitario non obiettore.
“Una sentenza importante - commentava l’allora segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso oggi responsabile delle politiche di genere della Confederazione -perché ribadisce l’obbligo della corretta applicazione della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema sanitario nazionale, deve poter garantire un servizio medico uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della donna rischi di essere inascoltata. Questa decisione del Consiglio d’Europa riconferma che lo Stato deve essere garante del diritto all’interruzione di gravidanza libero e gratuito affinché le donne possano scegliere liberamente di diventare madri e senza discriminazioni, a seconda delle condizioni personali di ognuna”.
La pandemia ha purtroppo aggravato la situazione, con le vicende recenti note e tristi che conosciamo, ma la 194 è sotto attacco da tanti, troppi anni. Siamo fortunatamente ancora distanti dalla Polonia, da Cipro, da Malta, dall’Ohio o dal Texas dove l’aborto è diventato ufficialmente “non essenziale” e quindi vietato. Ma “non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovete restare vigili durante il corso della vostra vita”.
“Se guardo al nostro Paese - scriveva qualche tempo fa Susanna Camusso - vedo, sento un’ondata oscurantista nei confronti delle donne. Una voglia autoritaria e machista di proporre modelli, comportamenti, scelte funzionali al ritorno al silenzio, alla sottomissione, alla negazione di libertà. Un’idea che la libertà femminile (come quella sessuale, quella di migrare, più in generale quella degli stili di vita, del valore e ricchezza delle diversità) sia una colpa da reprimere. Piccoli e grandi “ fatti” indicano questa politica: dal lavorare fino al giorno del parto al ddl Pillon, ma soprattutto lo dimostra il linguaggio violento e discriminatorio usato costantemente”.
“Non è compito mio dare lezioni di morale - affermava pochi mesi orsono il leader della Lega Matteo Salvini a proposito di aborto - è giusto che sia la donna a scegliere. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile”. Anni e anni trascorsi, battaglie, vittorie, sconfitte. Eppure a volte così poco sembra essere cambiato.
“Nell’aborto - scriveva nel 1975 Italo Calvino - chi viene massacrato, fisicamente e moralmente, è la donna; anche per un uomo cosciente ogni aborto è una prova morale che lascia il segno, ma certo qui la sorte della donna è in tali sproporzionate condizioni di disfavore in confronto a quella dell’uomo, che ogni uomo prima di parlare di queste cose deve mordersi la lingua tre volte”. Esattamente come ogni legislatore - e in questo caso il maschile sovraesteso sembrerebbe non essere fuori posto - dovrebbe pensarci bene prima di legiferare.
In occasione del quarantesimo anniversario dell’approvazione della legge 194 una vasta rete di donne e di associazioni, di esponenti della politica, delle istituzioni, della cultura e del mondo accademico, inviava una lettera aperta alle parlamentari della XVIII legislatura dal titolo “Le donne sono qui”. Una lettera ancora attualissima:
Questa lettera è indirizzata alle donne che oggi siedono in Parlamento. Siete le più numerose della storia della nostra Repubblica, vi trovate lì per il desiderio e la lotta delle donne che vi hanno precedute. Vogliamo celebrare con voi, che siate d’accordo o no, i 40 anni della legge che ha dato alle donne il diritto di dire la prima e l’ultima parola sul proprio corpo. (…) È la nostra libertà a fare paura. Oggi tutti sono pronti a condannare la violenza, tutti contriti per ogni donna uccisa, per ogni donna maltrattata e abusata, ma sia chiaro: le radici di ogni violenza stanno tutte nella pretesa del controllo del corpo delle donne e se questo controllo un tempo era sacro, era legge, era dovuto, oggi è solo un terribile vizio. Le donne non hanno più padroni. Di un gesto triste e grave come l’aborto, troppo spesso causato da una sessualità maschile irresponsabile, le donne rispondono non allo Stato ma prima a se stesse nel profondo della loro coscienza e poi a coloro che amano. (…) Vi scriviamo per dirvi che, qualunque governo verrà, le donne non faranno un passo indietro, speriamo di avervi al nostro fianco. Continueremo a lavorare per affermare la nostra piena cittadinanza e per rendere migliore questo paese. Riempiremo le piazze, se necessario.
Piazze che abbiamo riempito pochi giorni fa e che continueremo a riempire tutte le volte che sarà necessario, perché sui nostri diritti siamo disposte a fare un passo indietro solo per prendere la rincorsa.