La nave Libra della Marina militare è partita di nuovo da Lampedusa alla volta dell’Albania. Stavolta a bordo 8 ci sono solo migranti. La nave dovrebbe arrivare all’hotspot allestito nel porto di Shengjin nei prossimi giorni, e da lì al centro di Gjader, dove i migranti attenderanno l’esito della loro richiesta di asilo.

È probabile che anche in questo caso, come già successo con i primi 12, il loro trattenimento non venga convalidato dalla magistratura, sulla base della sentenza europea sui cosiddetti “Paesi sicuri” difficilmente aggirabile dalle leggi italiane. Gli 8 migranti quindi saranno con ogni probabilità riportati in Italia. Ma questo è quanto ha deciso il governo Meloni, che con il recente decreto legge 158/2024 ha aggiornato la lista dei “Paesi sicuri,” già impugnata a luglio dinanzi al Tar Lazio.

Nel frattempo, sedici organizzazioni della società civile hanno contestato il decreto. “Le nuove designazioni, anziché risolvere i problemi di tutela legale, amplificano le criticità, riducendo ulteriormente le garanzie per chi cerca asilo in Italia”, si legge nel comunicato firmato tra gli altri anche da Asgi, Arci, Action Aid, A Buon Diritto, Cgil e Inca. L’introduzione della lista, nel 2020, ha infatti “modificato le modalità di valutazione delle domande d’asilo”.

22 Paesi

Le modifiche apportate a maggio 2024 hanno esteso la lista a 22 Paesi, tra cui Tunisia, Egitto, Nigeria, Costa d’Avorio, Colombia e Bangladesh, ma con il nuovo decreto, il governo conferma la designazione di stati che già erano oggetto di riserve ministeriali per le violazioni dei diritti umani, come Tunisia e Bangladesh, e include nuove nazioni come il Perù. La qualifica di “Paese sicuro” comporta l’inversione dell’onere della prova, imponendo ai richiedenti asilo la responsabilità di dimostrare l’assenza di condizioni sicure, e permette l’adozione di procedure accelerate e, in caso di rigetto, il rimpatrio in attesa del ricorso.

Oltre a consentire il trattenimento quasi automatico in strutture di frontiera, il decreto prevede, come si sta vedendo in queste ore, la possibilità di trasferire i migranti in centri in Albania, in attuazione dell’accordo bilaterale del 2023. “Tuttavia – scrivono ancora Cgil, Inca e ong - le procedure di identificazione delle vulnerabilità a bordo di motovedette militari sono state giudicate inadeguate, come dimostrato dal recente trasferimento di minori e persone vulnerabili avvenuto durante un’operazione di soccorso il 14 ottobre scorso”.

La legge dell’Unione 

A rendere la situazione ancora più complessa, il 4 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha posto limiti rilevanti all’applicazione delle liste di “Paesi sicuri”, stabilendo che la sicurezza deve essere garantita su tutto il territorio e per tutte le categorie di cittadini. Questa pronuncia ha indotto il Tribunale civile di Roma, il 18 ottobre, a disporre il trasferimento in Italia di 12 richiedenti asilo egiziani e bengalesi trattenuti in Albania. Il provvedimento si basa sulla mancata conformità di questi Paesi ai requisiti di sicurezza definiti dall’Ue.

La revisione della lista dei “Paesi sicuri” approvata con il decreto 158/2024, si legge ancora nel comunicato “non risolve le lacune procedurali e ignora le indicazioni delle stesse fonti ministeriali. Undici dei 19 Paesi inclusi, infatti, registrano diffuse violazioni basate sul genere e sull’orientamento sessuale, come segnalato dagli stessi Ministeri, che avevano suggerito di escludere alcune categorie vulnerabili”. Di fatto, i Paesi designati sicuri coincidono con quelli di maggiore provenienza dei richiedenti asilo, indicando l’intenzione di accelerare le procedure di rimpatrio e limitare il diritto d’asilo per la maggioranza di chi cerca protezione.

Il decreto 158/2024 è stato già contestato dai Tribunali di Bologna e Catania, sollevando nuove richieste di revisione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Le associazioni chiedono quindi al governo di sospendere il decreto e “rivedere la lista in linea con i principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, riaffermando il diritto d’asilo e la protezione per chi fugge da condizioni di persecuzione, discriminazione e conflitto”.