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Il gambero sembra essere divenuto il simbolo della Giunta siciliana. E già perché il presidente Musumeci invece di andare avanti, torna indietro. Una sola era la donna nella sua giunta, ma con un recentissimo rimpasto è riuscito a battere questo record negativo. Oggi la Giunta regionale siciliana annovera il triste e sconcertante primato di essere tutta al maschile. L’allarme lo aveva lanciato, prima del varo, Mimma Argurio segretaria regionale della Cgil isolana che diceva: “Dopo non avere fatto niente per promuovere l’occupazione femminile e per un welfare che rispondesse ai bisogni e garantisse i diritti di cittadinanza delle donne il governo Musumeci si appresta ora a varare una Giunta regionale tutta al maschile. Un atto becero che segnerebbe la conferma di un esecutivo per il quale la parità di genere e i diritti delle donne vengono all’ultimo posto e sono per lo più solo vuoti titoli”. E sottolineava la segretaria: “Ci sono atti che sono più che simboli: una Giunta regionale che già contava una sola donna, senza rappresentanza femminile potrà solo esacerbare il suo tratto maschilista, impedendo ancora una volta alle donne di dare il loro contributo alla ripresa della Sicilia e di potere dispiegare le loro potenzialità affermando i diritti di tutte le donne”.
La reazione della maggioranza dell’Assemblea siciliana a questa dichiarazione non si è fatta attendere: la giunta tutta al maschile è stata varata e un deputato regionale della Lega Figuccia è riuscito a pronunciare frasi maschiliste e ingiuriosi che non meritano d’essere ripetute. Importante non è rispondere alle ingiurie, importante è affermare che la democrazia è povera se le donne non sono presenti. Ed allora la Cgil siciliana ha lanciato una petizione, tra i primi firmatari Alfio Mannino, segretari generale della Cgil Siciliana, Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, e Susanna Camusso responsabile politiche di Genere della Cgil, per chiedere al presidente Mattarella e alla ministra per le Pari Opportunità Bonetti di intervenire per sanare quella che è una vera è propria ferita alla democrazia: una giunta senza donne.
“Le siciliane sono 2.581.646, il 51,4% della popolazione. Per il presidente della Regione nessuna di tutte queste donne ha le qualità necessarie per ricoprire un incarico in giunta, e non importa se l’assemblea ha approvato a giugno una norma che assicura il 30% di alternanza di genere nelle istituzioni. Eppure fu siciliana la prima donna membro di un governo regionale in Europa (1947).
Evidentemente ai maschi oggi riesce molto meglio gestire la cosa pubblica, come dimostrano i record raggiunti.
I dati dell’occupazione? Siamo ai primi posti in Italia per disoccupazione e inoccupazione femminile, all’ultimo in Europa per numero di occupate. Aumenta la difficoltà delle giovani a trovar lavoro nonostante siano più istruite dei coetanei. In compenso si fa più pesante lo sfruttamento, che nei lavori agricoli approfitta delle condizioni di vulnerabilità in cui si trovano le braccianti, soprattutto migranti. Dilaga il lavoro nero, la cui emersione è di là da venire.
I dati sulla famiglia? L’Isola è al gradino più basso d’Italia per l’offerta di servizi all’infanzia: neanche il 10% dei bambini siciliani trova posto negli asili nido. Solo l’8,2% delle scuole offre la mensa (al nord il 60%). Nel 2019 milleottocentroottantratre neomamme lavoratrici (+507 rispetto al 2018) si sono dimesse per la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.
I dati sulla sanità? Siamo sul podio delle Regioni “malate”: peggio fanno solo la Campania e la Calabria.
I dati di bilancio? Un buco di un miliardo, a un passo dal default. Il parlamentino siciliano è il più costoso d’Italia. Stipendi, indennità e pensioni dei deputati non risentono della crisi.
Il pensiero, però, è profondo.
“Non conta ciò che è in mezzo alle gambe ma ciò che è in mezzo alle orecchie”:così parlò tale Vincenzo Figuccia, deputato regionale da poco approdato dall’Udc al gruppo di Salvini insieme alla famiglia. E con questa frase raffinata e lapidaria, degna delle nostre tradizioni letterarie, mise una pietra tombale sulle norme di parità oltre che su decenni di studi di genere e di pensiero della differenza.
Nulla accade per caso!
Nello scenario emergenziale e post emergenziale il governo regionale siciliano toglie la VOCE alle donne per adottare scelte per l’utilizzo delle ingenti risorse pubbliche collegate alle politiche di rilancio economico (recovery fund) senza nessuna attenzione alle relazioni di genere, dell’ impatto differenziato su donne e uomini per l’effettiva promozione dell’uguaglianza.
La questione meridionale è “la questione femminile” ed anche di democrazia.
LE DONNE per la ripresa economica della nostra regione devono essere al centro e protagoniste delle scelte politiche che dovranno essere adottate.
Pertanto si chiede un autorevole intervento del Presidente della Repubblica e al Ministro per le pari opportunità affinchè venga posto fine a tale discriminazione.