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"Abbiamo intenzione di aprire una vertenza nazionale che indichi due obiettivi chiari: costruire un altro sistema di integrazione e di accoglienza nel nostro Paese, e nello stesso tempo essere capaci di utilizzare le competenze e le professionalità che si sono create in questi anni in luoghi come appunto il Cara di Mineo”.
Per il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, la vertenza sulla chiusura dei Centri di accoglienza non può essere affrontata provincia per provincia. E le ragioni di questa scelta diventano sempre più chiare quando il racconto dell’accoglienza italiana di questi anni passa dalle voci dei lavoratori. Storie di sfide, sofferenze e comunque di grande umanità, che nel corso dell’incontro pubblico promosso da Cgil con Filcams e Fp sul tema “Mineo chiusa ci costa Cara”, diventano la chiave per comprendere cosa sia successo in questi anni nella provincia di Catania.
Così l’ex ospite e oggi mediatore Harouma Marega, l’ex direttrice del Cara Ivana Galanti, insieme a Santo Seminara e ad Anna Martines, hanno raccontato alla platea dell’Inps di Caltagirone, la quotidianità di anni intensi dove chi ha lavorato fianco a fianco con chi è arrivato nel nostro Paese su un barcone, ne ha assorbito speranze e dolori, ricambiando con professionalità ed abilità sempre in crescita.
Nella tappa siciliana di oggi, Landini ha prima visitato il Cara di Mineo per poi partecipare all’iniziativa pubblica dove le parole d’ordine erano ben evidenziate dallo striscione sistemato al tavolo dei relatori: “Accoglienza vuol dire costruire dei ponti non dei muri”, e “Anche la non accoglienza ha un prezzo salato". Nel caso di questo territorio il costo riguarda il futuro a breve termine di 900 lavoratori. La chiusura del Cara, il centro di accoglienza per richiedenti asilo aperto nel 2011 arrivando ad ospitare sino a 4000 persone, molti anche minori, e che il Governo nazionale, su pressione del ministro Salvini svuoterà entro l’anno dei suoi ospiti prima di tutto, ma anche dei cuochi, degli insegnanti, degli addetti alle pulizie, degli assistenti sociali, degli psicologi, dei mediatori culturali e degli operatori.
All'incontro hanno preso parte le segretarie generali della Filcams e della Fp, Maria Grazia Gabrielli e Serena Sorrentino. Il segretario generale della Cgil di Caltagirone, Totó Brigadeci ricorda le circostanze in cui il Cara di Mineo ha fatto notizia anche nelle pagine dei giornali nazionali, tra polemiche e scandali, “ma adesso no, il lavoro non fa più notizia. La misura di questo governo mette per strada stranieri e italiani. Altro che crescita della sicurezza; nel Calatino il livello di disoccupazione sta raggiungendo livelli altissimi. I nemici di questa vertenza sono tanti e sono potenti”.
Non ha peli sulla lingua il segretario di Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, che ricorda come “il Cara non è e non è mai stato il modello di accoglienza che la Cgil ha in mente. Ma mettiamo al primo posto il rispetto della dignità delle persone, soprattutto degli ultimi che in questo caso sono i migranti e i lavoratori, oggi gli anelli più deboli. Questo territorio, se il Cara venisse meno, deve diventare la terza area di sviluppo della Sicilia”.
Ma c’è anche un’altra chiave di lettura necessaria da analizzare. La sottolinea il segretario nazionale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli che ha rivelato la “contraddizione del sistema. Al Cara gli appalti sono fatto dal ministero, che è il più grande committente. C’è dunque responsabilità del datore di lavoro. Il ministro dell’ Interno è il datore di lavoro”, e come tale, ha aggiunto il segretario di Fp Cgil, Serena Sorrentino, che non può ignorare le tante lavorartici e lavoratori del sistema accoglienza “sottopagati, sotto inquadrati, saltando gli stipendi, cambiando di volta in volta appalti, vivono in condizione di precarietà estrema spesso anche non contrattualizzati. Noi abbiamo bisogno di cambiare la scelta che i governi hanno fatto nel corso del tempo sulle politiche dell’immigrazione, che appunto non è un fenomeno temporaneo, non è un’ emergenza; quest’ultima invece determina oggi l’irregolarità, come quella degli appalti in deroga, della corruzione, e sfruttamento”. E ancora: “Non va rimosso il sistema di accoglienza, ma la Bossi-Fini”.
È Landini che chiude i lavori proprio rimarcando che “con la migrazione e con il diritto delle persone di poter migrare noi dobbiamo strutturalmente fare i conti. Chi ci racconta che tutto si risolve chiudendo i porti lo fa solo a fini personali. Molti scappano dalla guerra, è vero, ma anche dalla propria terra sfruttata dalle multinazionali. Il problema non sono le persone che si spostano ma in quel caso anche chi sfrutta le persone che si spostano per poter lavorare. Questa dunque non è solo la battaglia di Mineo, ma una battaglia generale”. Battaglia che potrebbe registrare un’ impennata con una possibile mobilitazione unitaria sui temi dei diritti del lavoro e degli investimenti e che potrebbe tenersi in una città del sud nel prossimo giugno. All’incontro, coordinato dal segretario della Filcams di Caltagirone, Francesco D’Amico, ha partecipato anche il vescovo della città, Calogero Peri.