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Dopo la procedura di infrazione all’Italia annunciata, minacciata e poi bloccata dalla Commissione europea il nostro paese rimane un osservato speciale. La manovra di bilancio, quella d'autunno, non sarà affatto semplice. “La Comunità europea – spiega Gianna Fracassi, vicesegretario generale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 – monitorerà in maniera molto stringente il budget 2019 e poi valuterà a ottobre, alla luce della nota di aggiornamento del documento economico finanziario e della legge di bilancio, i conti del nostro paese. E come li verificherà? Sostanzialmente nel rispetto del patto di stabilità. Allora – aggiunge la dirigente sindacale – noi non solo siamo stati rimandati a ottobre, ma durante l'estate dobbiamo pure fare i corsi di recupero, ossia recuperare quegli obblighi stabiliti dal patto di stabilità che non sono stati attesi alla luce di alcune mancate disposizioni che erano contenute nella legge di bilancio che poi non si sono realizzate, e soprattutto in seguito a un peggioramento complessivo dei nostri conti. Se non è una manovra di aggiustamento, gli assomiglia moltissimo”.
Il tutto è complicato – ragiona sempre Fracassi durante la puntata di Economisti Erranti – dalle “previsioni di crescita che pongono l’Italia in una condizione molto difficile. Rispetto all’1% previsto dal governo italiano, che già non era molto, noi ci troviamo con dati che trimestralmente ci dicono che probabilmente alla chiusura dell'anno andremo allo 0,1 o 0,2%. Questo dovrebbe far comprendere che se ci sono delle risorse, l’obiettivo prioritario per il governo dovrebbe essere quello di sollevare il nostro paese dalle secche di una non crescita, di uno stallo”. Ma le divisioni nel governo hanno portato a una “blindatura di quel miliardo e mezzo di risorse rese disponibili dalle minori spese per il reddito di cittadinanza e per quota 100, effetto delle minori domande rispetto a quelle previste nel 2019”.
“Sostanzialmente l'Europa ci ha chiesto di riallinearci rispetto al patto di stabilità. Ma tra Bruxelles e Italia le cifre sono diverse”, prosegue Fracassi. C’è differenza “tra quello che ci chiede Bruxelles, che sono ben 11 miliardi, e quello che l'Italia ha ritenuto di dover fare come assestamento in previsione 2020, che sono quattro miliardi”. Per colmare la forbice, “il disegno di legge sull'assestamento indica le risorse che potrebbero concorrere alla riduzione del deficit”: oltre agli 1,5 miliardi già citati, vi sono “dividendi che derivano da maggiori interessi per Bankitalia, Cassa depositi e prestiti e partecipate varie e maggiori entrate contributive. Tutta una partita di entrate fiscali variamente denominate che dovrebbe determinare la cifra di 7 miliardi, e quindi riallinearci nel quadro del patto di stabilità”. Ma “rispetto a tutte le uscite dei due vicepremier su interventi in deficit, questi provvedimenti indicano una strada completamente diversa”.
Aggiunge Fracassi: “Sul versante del recupero del contrasto all'evasione c'è ancora molto da fare. Ma non aiuta il dibattito che si è aperto nelle settimane scorse rispetto a minibot, contanti nelle cassette di sicurezza e quant’altro. Occorre ricordare che anche l'Unione europea ci stimola a maggiori investimenti rispetto a interventi di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro”.
La dirigente Cgil sottolinea che “il patto di stabilità così strutturato è un laccio soprattutto per i paesi che in questi anni hanno visto la crisi colpirli molto più pesantemente. Nello stesso tempo, però, per rimettere in discussione quelle che noi chiamiamo politiche di austerity bisogna mettere in campo un atteggiamento molto diverso, provare a costruire alleanze”. Invece “il nostro paese è stato emarginato, e non avevamo alcun dubbio su questo”.
Gli “investimenti pubblici – aggiunge Fracassi – sono il nodo centrale, questa discussione però non è in agenda”, visto che in Italia la “questione fiscale” è stata posta “nei termini che conosciamo, che nulla c'entrano con gli investimenti. Invenzioni estemporanee che, tra l'altro, hanno pregiudicato l'efficacia del nostro paese nella discussione europea. Di nuovo una impostazione legata a un'idea di eccessiva compliance del fisco. Nel momento in cui propongo un condono, perché di questo si tratta, sulle risorse contenute nelle cassette di sicurezza, faccio un'operazione che non è molto credibile in Europa, perché questo è sempre il paese che ha oltre 100 miliardi annui di evasione fiscale. Recuperare la credibilità passa prima di tutto da un serio contrasto all'evasione”, conclude il vicesegretario Cgil.