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Irma Bandiera nasce l’8 aprile 1915 in una benestante famiglia bolognese. Inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e a interessarsi di politica aderendo al Partito Comunista. Entra quindi nella Resistenza con il nome di battaglia Mimma nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna. La sera del 7 agosto 1944 viene arrestata.
Ferocemente torturata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, per sette giorni e sette notti resisterà senza parlare, preservando così i suoi compagni partigiani. Sarà fucilata, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto.
“Lei moriva - scriveva Renata Viganò - l’avevano ammazzata inutilmente, chiudeva gli occhi con gioia, dopo tanto male, e non aveva detto niente. Si trovavano con questo cadavere di ragazza, non sapevano dove metterlo, un dolce corpo giovane, un bel viso morto. Non sapevano più cosa farsene, adesso; l’avevano ammazzata a furia di torturarla, lei non aveva detto niente. La più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamava Irma Bandiera”.
Due giorni dopo il suo assassinio Bologna si riempirà di fogli battuti a macchina che iniziavano così: “Cittadini di Bologna, la valorosa staffetta della 7a brigata Gap di Bologna, Irma Bandiera, è stata barbaramente assassinata dagli aguzzini nazifascisti”.
Alla sua memoria sarà intitolata la Prima Brigata Garibaldi Irma Bandiera, che opererà a partire da quell’estate nel bolognese. Così quell’assassinio compiuto anche per scoraggiare pericolosi tentativi di emulazione finirà per produrre l’effetto contrario. Alla fine della guerra Mimma sarà decorata della Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane.
“Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà - recita la motivazione alla Medaglia - si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione”.
“È nella Resistenza - diceva Marisa Rodano - che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto 'nello stato fascista la donna non deve contare'; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto - indipendenza, libertà, pace - e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare”.
E Irma combatte. Combatte e muore. Ma morendo vince, sorridendo. Un sorriso - bellissimo - consegnato alla storia. Un sorriso che non si spegne ma che impone coraggio e impegno. Che impone a tutte e tutti di continuare a sperare e lottare. Perché, soprattutto per le donne, la Resistenza continua.