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“Maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte di agenti di polizia”, “somministrazione di psicofarmaci non prescritti e diluiti in acqua”, ma anche “pessime condizioni materiali”, “assenza di un regime di attività”, e “approccio sproporzionato alla sicurezza”. Con queste parole il Cpt, l’organismo anti-tortura del Consiglio d’Europa, fa a pezzi il sistema dei Cpr italiani per i migranti.
Il rapporto in cui si leggono le accuse è stato redatto in una serie di visite condotte fra il 2 e il 12 aprile in quattro centri di permanenza per il rimpatrio (Milano, Gradisca d'Isonzo, Potenza e Roma), durante le quali il Consiglio ha riscontrato diversi casi di presunti maltrattamenti e uso eccessivo della violenza nei confronti di cittadini stranieri detenuti nei Cpr italiani”. Si conferma così l'allarme lanciato pochi giorni fa dal Tavolo asilo e immigrazione, in un'iniziativa ospitata dalla Cgil nazionale per chiedere la chiusura dei centri per migranti itaiani.
Senza controllo
Nel testo diffuso oggi, 13 dicembre, il Cpt esprime anche preoccupazione per “l'assenza di un monitoraggio rigoroso e indipendente degli interventi degli agenti di polizia” e la mancanza di una “registrazione accurata delle ferite subite dai detenuti o di una valutazione della loro origine”. Secondo il rapporto a preoccupate sono poi le pessime condizioni materiali, l'assenza di un regime di attività, l'approccio sproporzionato alla sicurezza, la qualità variabile dell'assistenza sanitaria, e la mancanza di trasparenza nella gestione dei Cpr da parte di appaltatori privati.
Il Comitato critica inoltre la “pratica diffusa” della “somministrazione di psicofarmaci non prescritti diluiti in acqua a cittadini stranieri”, come documentato nel Cpr di Potenza. Inoltre, si legge nel rapporto, "la pratica di trasportare i cittadini stranieri ammanettati in un veicolo della polizia, senza offrire loro cibo e acqua durante viaggi di diverse ore, dovrebbe essere rivista".
Come un carcere
Più in generale, nella sua analisi, il Cpt è molto critico nei confronti della disposizione fisica e della progettazione dei Cpr, in particolare dell'ambiente carcerario, che potrebbe essere considerato simile a quello osservato dal Comitato nelle unità di detenzione che ospitano i detenuti in regime speciale. Secondo il documento, il Cpt ha avuto la netta impressione che "l'alto tasso di eventi critici e di violenza registrato all'interno dei Cpr sia stata una diretta conseguenza delle sproporzionate restrizioni di sicurezza, della mancanza di valutazioni del rischio individuale dei cittadini stranieri e del fatto che le persone detenute non avessero di fatto nulla per occupare il loro tempo".
Un buco nero
Nel complesso, i centri di permanenza per i rimpatri in Italia vengono definiti “non idonei”. Il Consiglio d'Europa ritiene anche necessario “creare un corpo dedicato di agenti di custodia che siano adeguatamente formati sulle sfide specifiche della supervisione dei migranti”, in particolare per quanto riguarda le capacità relazionali e la capacità di riconoscere i sintomi di possibili reazioni di stress.
Ma necessario è anche un “migliore accesso a un avvocato per fornire maggiori garanzie legali” ai migranti ospiti delle strutture. Nella loro risposta, specifica il rapporto, le autorità italiane forniscono informazioni dettagliate sul funzionamento degli sforzi extraterritoriali per trattenere i migranti nei centri in territorio albanese, con particolare riferimento alla valutazione della loro vulnerabilità. Anche se il comitato mette in discussione proprio l'applicazione del modello Cpr in un contesto extraterritoriale, come l'Albania.