Nonostante il Covid, la pandemia e l'emergenza sanitaria che ci attanaglia da quasi un anno e mezzo, la spesa militare in Italia non si è mai fermata. Anzi, continua ad aumentare, mentre quella sanitaria è in costante calo. È quanto emerge dall'incrocio dei dati recentemente presentati dell'Osservatorio Mil€x, con i rapporti della Fondazione indipendente Gimbe e il report annuale del Sipri, l'istituto svedese di ricerca sulla pace e il disarmo. La spesa militare italiana nel 2021 è infatti pari a 24,97 miliardi di euro, con una crescita dell’8% rispetto al 2020, e addirittura del 15,7% rispetto al 2019.
L'esborso per le casse dello stato è in larga parte dovuto al bilancio del Ministero della Difesa dedicato ad usi militari, che sfiora i 18 miliardi di euro, con una crescita di un miliardo e mezzo rispetto all'anno scorso. Sono però soprattutto i costi per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma ad aver provocato un balzo in avanti: 7,3 miliardi, un record.
Si tratta di cifre impressionanti soprattutto se paragonate, in tempo di Covid, con quelle spese dall'Italia in sanità. Secondo la Fondazione Gimbe, il finanziamento del Sistema sanitario nazionale è passato da essere il 7% del pil nel 2001 al 6,6% nel 2019. Una riduzione dello 0,4% in 18 anni, quindi. Mentre nell'ultimo decennio, la spesa militare è stata pari all’1,4% del Pil, e ha segnato un aumento del 26% nelle ultime tre legislature.
Un'escalation che però, a quanti pare non riguarda solo il nostro Paese. Nel mondo, secondo il Sipri, nel 2019 sono stati spesi quasi 2 mila miliardi di dollari per le armi e la difesa. In un solo anno la spesa è cresciuta del 3,6% in termini reali. Nello stesso tempo il bilancio dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) è di poco superiore ai due miliardi di dollari, lo 0,11% di quanto si spende per le armi sulla terra.
Solo nell’attuale legislatura sono stati presentati al Parlamento (e praticamente ormai approvati) 22 differenti programmi di acquisizione d’armamento per un costo complessivo di 10,5 miliardi di euro. Il ministero della difesa, però, ha già nel cassetto altri progetti per complessivi 41 miliardi di euro.
Tra le armi in costruzione ci sono i famosi aerei F-35. Ognuno costa 135 milioni di euro: una cifra che potrebbe garantire 1.000 posti letto in terapia intensiva. I nuovi sottomarini da guerra in costruzione, gli U-212 valgono invece 675 milioni l’uno, quanto 6.000 posti letto.
Viene insomma da chiedersi: se il nemico pubblico numero uno è oggi il Covid: cosa ci difende meglio, un nuovo cacciabombardiere o i posti di terapia intensiva che potrebbero essere realizzati con gli stessi soldi pubblici?