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Chiunque si sia recato nelle stazioni ferroviarie negli ultimi tempi avrà visto come sui tabelloni di arrivi e partenze si moltiplichino i ritardi e le cancellazioni dei treni, oppure, in alcuni casi, ne sarà stato direttamente interessato da tali disagi. Spesso, sulle tratte a lunga percorrenza, soprattutto per l’alta velocità, si sentono annunci che segnalano problemi alla rete nei nodi di Firenze e Napoli. Talvolta i ritardi accumulati non si contano in minuti, ma divengono di un’ora, poi di due e talvolta di più, come è accaduto venerdì 19 luglio, quando un guasto sulla linea Milano-Roma ha provocato ritardi fino a tre ore, coinvolgendo anche altre tratte.
Non solo alta velocità
Il rapporto Pendolaria di Legambiente documenta alcuni esempi che comprendono un ampio periodo, come quello segnalato dal ‘Comitato pendolari ferrovia Roma Nord’ che ha evidenziato come nel 2023 siano state oltre 7 mila le corse soppresse. Tra i dati forniti da Trenord spicca in Lombardia la Milano-Mortara, che nel luglio scorso ha toccato quasi il 13% delle corse che hanno subito ritardi e soppressioni, mentre negli altri mesi le percentuali vanno dall’8 al 10%. Tra gennaio e giugno 2023 circa un treno su cinque sulla tratta Bologna-Rimini (via Ravenna) ha avuto ritardi, mentre il 10% dei treni è stato soppresso.
La linea Barletta-Trani-Bari ha visto un 2023 fatto di incendi in prossimità dei binari, ritardi e guasti che hanno reso la circolazione dei treni lenta e assai poco affidabile. Vagoni costantemente sovraffollati, che in alcuni casi non sono potuti partire, e ritardi che in più di un caso hanno superato l’ora e mezzo. La Pinerolo-Torino, linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è quella che più registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano. Nonostante ciò, i dati di Trenitalia disegnano una situazione con una bassa percentuale di treni soppressi e ritardi per lo più contenuti.
Il sistema non regge
Francesco Donini, del dipartimento Mobilità della Filt nazionale, ci spiega che a pesare su qualità e quantità del trasporto ferroviario sono ritardi, convogli vecchi e lenti e un divario sempre più forte tra Nord e Sud. “Il sistema in questa fase ha problemi stratificati - prosegue - perché c'è un’esorbitante richiesta di mobilità su ferro da parte delle persone, con treni a lunga percorrenza, treni regionali e anche treni suburbani e metropolitani, e insieme c'è un numero importante di treni di servizio o di trasporto merci”.
Basta un cantiere
C’è poi l’annosa questione dei cantieri di lavoro alle infrastrutture, sia per il Pnrr sia per i cantieri ordinari di manutenzione: “Anche questo fa sì che la rete fatichi a sopportare la miriade di treni che viaggiano”, dice Donini: “Basta quindi che nei nodi principali ci sia un ritardo e a cascata ci sono ritardi su ritardi. L'estate poi è una stagione critica, perché, dopo la parentesi del Covid, la mobilità delle persone è tornata ad aumentare e si vede, anche perché il nostro è un Paese altamente turistico”.
“Appena c'è una difficoltà il sistema collassa – prosegue il sindacalista Filt – e ci sono disagi di varia natura. I ferrovieri sanno che l'estate è il periodo più impegnativo per il personale frontline, per capitreno e macchinisti, ma anche per il personale di biglietteria e che dà assistenza nelle stazioni. Per tutti loro la gestione del disservizi è particolarmente complicata, anche perché devono fare in modo che la soddisfazione del viaggiatore sia adeguata alle aspettative. Ed è lo stesso, quotidianamente, se si viaggia sui treni regionali”.
Passeggeri esasperati, alcuni violenti
Da tempo è poi emerso il fenomeno delle aggressioni al personale ferroviario da parte dei passeggeri che subiscono disagi: “Ci sono situazioni di escandescenza nei confronti della prima interfaccia aziendale, perciò i lavoratori sono coloro che subiscono vari tipi di violenza, la maggior parte sono verbali, ma può succedere che diventino anche di altra natura”, afferma Donini.
II ritardi dei treni si ripercuotono sulla vita dei passeggeri, in particolare dei pendolari, ma anche su quella del personale ferroviario viaggiante, con ritardi sulla fine dei turni, e quindi il ritorno a casa, oppure con l’impossibilità di rincasare perché bloccati a centinaia di chilometri di distanza. Per questo, secondo l’esponente della Filt, “è importante quantificare lo stress da lavoro correlato causato dal trovarsi anche fino a turni di dieci ore, a contatto con il pubblico, con treni che possono partire con ritardi consistenti, la gestione delle coincidenze e magari il sovraffollamento sui treni che portano alle località turistiche”.
Conclude Donini: “Il lavoro frontline diventa quindi un lavoro particolarmente rischioso, oltre che particolarmente pesante, e, a oggi, in aggiunta agli strumenti contrattuali già riconosciuti, non c’è ancora una valutazione piena da ambedue le parti, non solo sindacale ma anche datoriale, di quanto sia importante valutare in modo corretto un tema di questo genere. Un tema ancor più importante in una stagione di rinnovo contrattuale con i ferrovieri che ci segnalano quanto sia difficile la gestione della vita privata e la sua conciliazione con la vita lavorativa”.