PHOTO
Un impegno per il lavoro lungo e importante quello dell’avvocato Massimo Di Celmo. Da circa 25 anni ha rappresentato e rappresenta la Cgil Nazionale come parte civile nei vari processi Eternit che si sono tenuti e quelli in corso, nel processo Ilvadi Taranto, in quello della strage di Viareggio, dell’Isochimica di Avellino. Ha collaborato anche con l'Inca Nazionale per circa 30 anni fino al 2021, ottenendo in Cassazione una serie di sentenze favorevoli in tema di malattie professionali, molti connesse alle problematiche dell’amianto e ambientali. E oltre che di salute e infortuni, ha portato la Confederazione di Corso di Italia in numerosi altri processi, quelli contro la criminalità organizzata, in Calabria, Campania, Abruzzo, Sicilia.
Una sentenza, quella della settimana scorsa, importante. Perché?
Sì, una sentenza importante, l’industriale svizzero Stephan Schimdheyn, è stato condannato dalla Corte d’Assise a 12 anni di carcere per omicidio colposo. Oltre 300 uomini e donne, non solo lavoratori, uccisi dalla polvere d’amianto. Certo l’imputazione è stata derubricata da omicidio volontario con dolo eventuale a colposo. Ma, lo ripeto, è una sentenza importante sia perché c’è il riconoscimento del reato e la conseguente pena, sia per l’ammontare dei risarcimenti riconosciuti alle parti civili istituzionali. Al comune di Casale Monferrato sono stati riconosciuti 50 milioni di euro, allo stato 30. Somme mai viste che in qualche modo attestano il riconoscimento del disastrato ambientale e sanitario determinato dell’industriale.
Disastro ambientale?
Schimdheyn lasciò la fabbrica nel 96, abbandonata senza preoccuparsi minimamente di mettere in sicurezza lo stabilimento e quindi con conseguente inquinamento ambientale che è continuato e continua anche oggi visto che smaltire tonnellate di questo polverino che si è ormai infilato dappertutto, in fiumi, laghi è praticamente impossibile. Se lui avesse per tempo messo in sicurezza, probabilmente si avrebbero avuti qualche centinaio di morti in meno. In realtà, anche se oggi fa il filantropo, non se ne è minimamente occupato e nemmeno interessato.
Che cosa succede adesso?
Sicuramente i suoi avvocati faranno appello, questi non si fermano mai. E poi hanno un patrimonio economico che gli consente di fare tutte le cause di questo mondo. Quindi è l'ultimo dei loro problemi, l'hanno già annunciato, peraltro subito dopo la sentenza i legali hanno detto che avrebbero fatto comunque ricorso, perché ritengono eccessivo il risarcimento del danno liquidato in favore del comune e dello Stato.
Risarcimento per tutte le parti civili, non solo per Casale e Stato...
Si certo, sono stati stabiliti risarcimenti per lavoratori e cittadini, non tutti per alcuni il reato è andato in prescrizione, altri non sono riusciti a dimostrare il nesso di causalità tra malattia e attività della fabbrica. Alla Cgil nazionale, a quella regionale e a quella di Casale Monferrato sono stati riconosciuti risarcimenti per 20mila euro ciascuno.
Ma questi soldi arriveranno davvero?
Il problema che abbiamo in queste processi è proprio questo, come fare a riscuotere. Questo signore è cittadino svizzero e vive in Sud America e in tutti questi anni non si è mai presentato in nessuno dei processi che si sono celebrati a suo carico. Lo Stato italiano gli ha consentito di aprire sul proprio territorio ben 4 stabilimenti ma lui ha sempre avuto un comportamento, diciamo, strafottente. In realtà i soldi per pagare li ha eccome, è uno dei 10 uomini più ricchi del mondo!
Dicevamo, c’è il riconoscimento del reato e della colpevolezza...
Sì, assolutamente. In realtà sono diversi i processi nei quali Schimdheyn è imputato e in diversi è stato condannato, a Napoli a Torino. Però abbiamo un senso di frustrazione determinato proprio dal suo atteggiamento, al di là della pena o della possibilità di vederlo qualche giorno in galera, che forse interessa relativamente poco. Insomma è un uomo che si comporta come uno che non ha nulla da temere, che sa che nessuno lo va a cercare. Abbiamo fatto in modo, come Paese, giustamente, di andare a cercare terroristi ovunque e non abbiamo fatto nulla per portare davanti al suo giudice un uomo che ha causato la morte di migliaia di persone. E questo è frustrante, sembra quasi che lavoriamo per tanta povera gente che da noi si aspetta che facciamo affermare determinati principi di giustizia, c’è l’impegno degli inquirenti e dei magistrati e poi è come se ci scontrassimo con dei muri di gomma.
Avvocato, visto l’annuncio del ricorso in appello che rischi si corrono?
Il rischio, purtroppo, è sempre quello della prescrizione. Speriamo che con la riforma del processo Cartabia, entrata in vigore dal 1 marzo, possa esserci maggior velocità. Ce lo auguriamo.
E infine ci spiega il valore della costituzione parte civile nei processi sia come questi su salute e sicurezza, che in quelli per infiltrazione mafiosa?
La costituzione parte civile è importantissima. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, le morti sul lavoro, le malattie professionali, possiamo dire che è il core business del sindacato. Sono processi difficili, che spesso finiscono con la prescrizione. Fare prevenzione su salute e sicurezza non è facile, se una fabbrica non è sindacalizzata, a meno che non vi siano incidenti gravi, non c’è nessuno che denuncia. Insomma il ruolo del sindacato è fondamentale. La costituzione parte civile nei processi per mafia, invece, è stata introdotta da alcuni anni, il primo processo nel quale ho rappresentato la Cgil nazionale come parte civile era in Abruzzo contro il clan dei Casalesi. Ricordo facemmo una conferenza stampa per annunciarlo e spiegarne il senso e il valore. Oggi nello Statuto della Confederazione c’è una norma, introdotta dall’ultimo congresso, che indica di perseguire attraverso tutti i mezzi possibili l’illegalità a cominciare dalla presentazione come parte civile nei processi che interessano economia e lavoro. E allora eccoci a Reggio Calabria e a Catanzaro, o in un processo a Napoli al clan della Sanità o in un altro per la vendita di posti di lavoro.
Tempo fa, l’allora procuratore Guariniello, propose l'istituzione di una procura nazionale che si occupasse degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali. Secondo lei secondo sarebbe utile?
Assolutamente sì. Sarebbe fondamentale, come fondamentale è la Procura nazionale antimafia. Ci sarebbero investigatori e forze dell’ordine specializzate in questo tipo di reati, pronti culturalmente ad affrontare il tema. Avrebbe una funzione anche di coordinamento e forse si riuscirebbero ad evitare, almeno in parte, le prescrizioni. E poi, proprio come avviene grazie alla Procura antimafia, avrebbe anche un ruolo nella costruzione di una cultura della sicurezza di cui c’è gran bisogno.