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Peggio di noi fanno solo Ungheria, Slovacchia e Romania. Tutti gli altri Paesi europei sono davanti in fatto di equilibrio tra vita e lavoro. La sentenza senza appello arriva dall’European Life-Work Balance Index, uno studio condotto da Remote, piattaforma che si occupa di tematiche legate al capitale umano a livello globale.
Numero di giorni di ferie, assistenza sanitaria, presenza di un salario minimo, orari di lavoro medi, congedi disponibili, retribuzione in caso di malattia, livelli di inclusività Lgbtqi+ sono tra gli indicatori che l’analisi prende a riferimento per stilare la classifica.
La classifica
“L’equilibrio vita-lavoro è una definizione in evoluzione, che descrive come conciliamo la nostra vita personale con le esigenze della nostra carriera” scrivono gli esperti di Remote, che hanno coniato il termine per descrivere la tendenza crescente delle persone a mettere la vita al primo posto e il lavoro al secondo. Partendo da questo presupposto hanno provato a stilare una classifica della qualità di questo equilibrio negli Stati europei. E il Belpaese, appunto, si è piazzato quart’ultimo.
Al vertice della graduatoria c’è il Lussemburgo, che totalizza un indice di 85,26 grazie agli eccellenti risultati nei parametri principali, dalle ferie annuali, 37 giorni, al congedo di maternità obbligatorio che copre il 100 per cento dello stipendio per 20 settimane, al salario minimo, pari a 14,96 dollari all’ora.
Al secondo posto la Spagna con un punteggio di 78,63 ottenuto grazie al sistema sanitario universale finanziato dallo Stato, al salario minimo di 9,02 dollari l’ora e ai 36 giorni di ferie di media. Al terzo si piazza la Francia, con 77,19 di indice: 36 giorni di ferie, salario minimo a 11,95 dollari, sistema assicurativo pubblico universale.
E l’Italia? Scivola dalla top ten al 27esimo posto su 30 con un indice di 55,71: uno degli elementi che pesa di più è la totale assenza del salario minimo.
Pesa l’assenza del salario minimo
“La ricerca conferma che nel lavoro esiste un’area di sofferenza che riguarda le questioni salariali, quelle legate al tempo e a che cosa il lavoro produce nella vita – afferma Nicola Marongiu, responsabile area contrattazione, politiche industriali e del lavoro della Cgil – Per certi aspetti trova elementi di riscontro con altre analisi condotte sul nostro Paese in tema di salario, che è costantemente indagato”.
Secondo l’Ocse l’Italia è al 21esimo posto su 34 per quanto riguarda i salari medi annui e sta vivendo una sostanziale stagnazione da oltre vent’anni. Tutte le rilevazioni ci dicono che abbiamo gli stipendi più bassi rispetto alla media dell’Eurozona e che le nostre paghe sono diminuite, se si tiene conto del caro vita.
Le politiche sulla genitorialità
C’è poi il criterio legato al congedo parentale, per il quale l’Italia ha comunque totalizzato un buon punteggio. “Noi abbiamo fatto un passaggio importante con l’approvazione del testo unico sulla maternità e paternità – aggiunge Marongiu – e con il recepimento della direttiva europea sui congedi parentali abbiamo introdotto alcuni criteri anche per il congedo paritario e per l’obbligatorietà. Ma è evidente che dal punto di vista degli strumenti di sostegno alla genitorialità, il nostro è un Paese che sta molto indietro. Basti ricordare che l’assegno unico universale è entrato in vigore soltanto nel 2022. Mentre alcuni dei Paesi che si trovano in posizione così avanzata, sono quelli che hanno fatto investimenti sulle politiche per la genitorialità come per esempio la Francia. Non stupisce la Spagna: qui il governo ha portato un’azione di sostegno diretto al lavoro, con la legislazione sulla contrattazione e quella sugli appalti solo per citare due interventi”.
L’orario di lavoro
I tempi di lavoro sono un altro elemento centrale. E anche in questo campo non siamo all’avanguardia. “La dilazione del tempo di lavoro è un fatto culturale in Italia – dice ancora Nicola Marongiu – soprattutto negli orari di funzionamento degli uffici, molto più nel privato che nel pubblico. E questo è un tema su cui forse bisognerebbe concentrarsi. Pensiamo a come è stata pervasiva in Italia l’apertura dei centri commerciali, in qualsiasi giorno dell’anno e quasi in qualsiasi orario, eccetto che a Natale e a Pasqua. Questo aspetto non risponde alle esigenze delle giovani generazioni e delle persone che sono alla ricerca di lavoro, che chiedono nei colloqui se c’è l’accesso al lavoro agile e allo smart working”.
Contrasto alle discriminazioni
Ulteriore indicatore è il livello di inclusività Lgbtqi+, sul quale l’Italia non si distingue. “Abbiamo un grande movimento all’interno della società, perché quello che succede ogni anno con la partecipazione ai Pride dimostra che da un punto di vista dei diritti civili e delle libertà e del contrasto delle discriminazioni c’è un grande fermento – conclude l’esponente sindacale – Abbiamo però un tema di carattere politico. L’approvazione di una legge contro l’omofobia è stata osteggiata, e gli stessi accordi per il contrasto alle discriminazioni in alcuni contesti aziendali avanzano, in altri si arenano”.