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La didattica a distanza: una didattica d’emergenza che presenta però tanti di quei limiti da rendere necessaria la ripresa della didattica in presenza subito a settembre. Si tratta di un’evidenza ormai acclarata tra insegnanti, osservatori e studiosi. Un’ulteriore conferma arriva da un’indagine realizzata da Flc e Uds Puglia che ha coinvolto più di 2.500 di studenti e dal titolo “La scuola ai tempi del covid”.
Le risposte fornite al questionario non lasciano dubbi: uno studente su tre non ha seguito le lezioni a distanza nel corso della pandemia e, tra chi ha seguito, il 60% reputa la didattica a distanza meno efficace; più del 70%, inoltre, chiede con forza la riapertura delle scuole a settembre.
E, ancora, quasi il 60 per cento degli studenti ha utilizzato per seguire le lezioni lo smartphone, uno studente su tre condivide il dispositivo utilizzato con gli altri membri della famiglia, e quasi la metà del campione condivide l’ambiente di casa dove fa attività sempre o a volte con altri membri della famiglia.
Ragionare sulla dad è utile anche perché diventa una cartina di tornasole di come è stata considerata in questi anni l’istruzione del nostro paese: “Non basta solo stanziare fondi (sempre troppo pochi) ma è arrivato il momento di discutere un piano per il futuro – ci dice Davide Lavermicocca, coordinatore Uds Puglia – . I luoghi della formazione non devono ricevere solo una toppa per sopravvivere alla crisi che stiamo attraversando, ma è necessario ragionare di riforma per dare una risposta ai problemi che ormai da troppo tempo viviamo”.
Necessario dunque, continua il dirigente dell’Uds, “partire dall’abolizione della legge 107, che da tempo ha già mostrato il suo fallimento, aprendo una fase di ripensamento complessivo della scuola pubblica, dal riordino dei cicli, al reddito di formazione, fino ad un piano integrato di rilancio per il Sud Italia”.
La dad, quindi, come sottolinea Claudio Menga, segretario generale della Flc Cgil “ha avuto il merito di aver fatto esplodere le disparità che nell’accesso alla formazione si determinano quando si sommano fattori complessi e socialmente rilevanti quali il possesso di adeguate competenze digitali nei ragazzi e nelle loro famiglie, il possesso di adeguati devices, l’utilizzo di una connessione alla rete stabile e sufficiente per usi condivisi in famiglia, disponibilità di ambienti domestici adeguati”.
Per la scuola del futuro, servono dunque riprogettare tempi e spazi del lavoro, e qui il tema delle classi pollaio non può essere eluso. E servono naturalmente, oltre a una riflessione sul ruolo dell’istruzione nella nostra società, risorse economiche: “Ci sono dei fondi straordinari che arriveranno dall’Europa, a cominciare dal Recovery Fund: la Scuola dovrà essere ai primi posti dell’agenda politica per la ripartenza. E questo è il compito cui la Confederazione, al fianco della categoria, è chiamata puntando su inclusione, lotta alla dispersione e alla povertà educativa”, conclude Menga.