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Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (il Cspi) ha espresso alcuni rilievi molto critici sul “Piano per la realizzazione della didattica digitale integrata”, licenziato qualche giorno fa dal ministero dell’Istruzione. Il parere non è vincolante, ma certo le osservazioni dell’organo consultivo – che chiede una revisione del testo in molti punti – sono significative.
Il piano del governo considera la didattica a distanza (Dad) una “metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento” per “tutti gli studenti della scuola secondaria di II grado, una modalità didattica complementare che integra la tradizionale esperienza di scuola in presenza”, mentre “in caso di nuovo lockdown”, dovrà essere estesa “agli alunni di tutti i gradi di scuola”. E qui sta il primo rilievo mosso dal Cspi: è sbagliato aver qualificato la didattica a distanza come modalità complementare alla didattica in presenza, senza averne definito “i fondamenti culturali, normativi, pedagogici e metodologici” e definisce le misure suggerite “del tutto incongrue e immotivate”. Il parere richiama, inoltre, le ricadute sulla prestazione di lavoro che non può essere oggetto di linee guida ministeriali, ma che è materia di negoziazione sindacale.
Il Consiglio critica, tra l’altro, il riferimento agli orari minimi e massimi della Dad, soprattutto in considerazione del fatto che il tempo scuola previsto dagli ordinamenti è definito da norme primarie che non possono essere modificate in maniera surrettizia da “semplici” linee guida. Questo aspetto, infatti, è fortemente collegato agli spazi disponibili, al numero degli studenti nelle aule, a eventuali orari differenziati per evitare assembramenti e un uso più distribuito dei mezzi di trasporto e, soprattutto, alla effettiva possibilità di ottenere o meno un adeguato numero aggiuntivo di docenti.
Il Consiglio poi non condivide la possibilità di divisione della classe, parte in presenza e parte a distanza, e la realizzazione della lezione in contemporanea: le considera, infatti, scelte poco adeguate didatticamente e tecnicamente non praticabili per la evidente difficoltà delle connessioni di rete di supportare molti collegamenti contemporanei.
Criticità anche sulla mancanza di riferimento alle attività laboratoriali, che dovrebbero, per definizione, essere realizzate in presenza, soprattutto negli istituti tecnici e professionali per le discipline di indirizzo. Nel parere si chiede, tra l’altro l’eliminazione dell’espressione “I docenti per le attività di sostegno, sempre in presenza a scuola assieme agli alunni loro affidati” perché “gravemente lesiva della normativa vigente che assegna il docente di sostegno alla classe”.
Importante anche il tema delle piattaforme proprietarie utilizzate dalle scuole nella fase del lockdown. Il Cspi sottolinea, a questo proposito, la necessità di predisporre una piattaforma digitale pubblica o, in subordine, di un protocollo nazionale con i gestori privati, finalizzati all’erogazione di contenuti didattici a distanza, per risolvere i problemi di privacy e di sicurezza che al momento ricadono interamente sulla responsabilità dei dirigenti scolastici.